Regia: Wes Anderson
Anno: 2014
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
Monsieur Gustave è il concierge ma di fatto il direttore del Grand Budapest Hotel collocato nell'immaginaria Zubrowka. Gode soprattutto della confidenza (e anche di qualcosa di più) delle signore attempate. Una di queste, Madame D., gli affida un prezioso quadro. In seguito alla sua morte il figlio Dimitri accusa M. Gustave di averla assassinata. L'uomo finisce in prigione. La stretta complicità che lo lega al suo giovanissimo neoassunto portiere immigrato Zero gli sarà di grande aiuto.
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Anderson è a tutti gli effetti un autore e un regista con un suo stile personale e assai rigoroso.
Il suo ottavo film oltre ad essere il più complesso e corale, sancisce alcune delle summe e delle massime poetiche del regista, realizzando una coinvolgente e non convenzionale commedia con sfumature che fanno riferimento a numerosi film classici e impreziosendola, come sempre, con una confezione di un'eleganza e grazia senza pari.
Grand Budapest Hotel ripercorre le vicende dell'Europa d'allora, con il suo doloroso passaggio attraverso i totalitarismi.
Anderson realizza così un film in un'Europa orientale di pura fantasia, dove si trova una di quelle grandi città termali fiorite dappertutto prima della fine del secolo scorso e ispirandosi in particolare da Stefan Zweig, scrittore, cercando di accostarlo ad alcuni fatti che si sono concentrati in quel perdiodo travestendoli a dovere.
«L'inizio della fine della fine dell’inizio è iniziato» il film è una gioia e una continua emozione per qualsiasi cinefilo. Pervasa di licenze poetiche, di momenti toccanti, di slapstick riuscite, di vere emozioni e di un cast splendido, rimarrà uno di quei quadri, una di quelle caselle che possono essere riempite soltanto da un artista a tutto tondo.
Grand Budapest Hotel conferma un talento ormai solo in discesa, che sembra aver perfettamente trovato una geometria e una geografia di sguardi e punti di riferimento assolutamente adatta e pienamente conforme alla settima arte.
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