Regia: Joshua Oppenheimer
Anno: 2012
Paese: Danimarca, Norvegia, Gran Bretagna, Svezia, Finlandia
Giudizio: 5/5
Nel 1965, con un colpo di stato, l'esercito depone il governo indonesiano. In meno di un anno chiunque si opponga alla dittatura militare viene accusato di comunismo e trucidato con l'appoggio della Gioventù di Pancasila. Appartenenti ai sindacati e alla minoranza etnica cinese, contadini privati della propria terra e intellettuali sono giustiziati dai paramilitari e da piccoli fuorilegge dediti al bagarinaggio di biglietti del cinema presto elevati allo stato di killer spietati. Gli assassini di ieri oggi sono uomini benestanti che hanno accettato di ricreare le scene delle loro torture e esecuzioni, adattandole ai generi cinematografici preferiti: western, musical e gangster movie.
The Act of Killing è originale. Basterebbe già solo questo elemento per collocalo tra gli esperimenti più interessanti di questi ultimi anni.
Cinema veritè, il duro confronto con una realtà che per molti era probabilmente sconosciuta e un fatto sociale che diventa la triste realtà di alcuni paesi.
Fiction e documentario si stringono la mano per un lavoro, l'opera prima di un regista, che cerca di convogliare gli intenti per far emergere un quadro sulla dura e disarmante scelta di un paese alla deriva e i loro spiacevoli protagonisti.
Oppenheimer racconta l’orrore del massacro indonesiano inscenando davanti ai nostri occhi quell’orrenda realtà che è così poco nota in occidente; in alcuni momenti assistiamo davvero ad un intenso dramma emotivo che rivivono gli attori che al tempo erano vittime o figli delle vittime, come nella scena del villaggio in cui una bambina continua a piangere anche quando gli dicono che non è vero e una donna sembra perdere i sensi.
Gli aguzzini stessi, Anwar Congo e Adi Zulkadry, ricreano per il regista e per noi spettatori, i loro efferati delitti, le atroci torture a cui sottoponevano gli oppositori al regime. Il delitto vero e proprio non si vede mai, ma il regista e i suoi attori (attori di una messa in scena nella messa in scena, geniale creazione di Hoppenheimer) si spingono così vicini alla sua mostrazione che allo spettatore sembra di vederlo ed è sorprendente il disagio arrecato a carnefice,vittima e spettatore.
Uno dei tratti sorprendenti dell'opera è sicuramente il ruolo marginale della telecamera che osserva senza commentare e dare giudizi, ma lasciando solo allo spettatore la straziante presa di coscienza su qualcosa che non è stato possibile frenare dilagando come un tumore incurabile capace di genererare ancora terrore a distanza di anni nelle coscienze dei carnefici e delle vittime.
"La più grande caccia ai comunisti di tutti i tempi" è una scusa per un manipolo di uomini che confessano più volte di non sapere se le vittime fossero comuniste o meno.
Il regista inoltre riflette su un elemento determinante nella classificazione di questo lavoro e della ricerca degli intenti del documentario ovvero come vedono sé stessi questi assassini? Come vedono il loro agìto e le loro vittime? Come vogliono essere visti?
Oppenheimer ha ottenuto la collaborazione dei protagonisti presentando il film come un ritratto pubblico delle gerarchie militari al potere. Non era una menzogna, ma era inevitabile che alla visione del prodotto finito, Anwar e compagni manifestassero qualche dubbio in merito alla ricezione del documentario presso il pubblico indonesiano e internazionale.
Se l’intento che li aveva guidati nelle loro messe in scena era quello di glorificare sé stessi e le loro azioni passate, perché avevano liberato il Paese dal pericolo comunista, rivedendo le sequenze in cui simulano i propri crimini, non possono non percepire un che di disforico quando il film di Hoppenheimer compie un ulteriore passo nel delirio, ovvero quando gli assassini giungono ad impersonare le loro vittime.
A questo punto gli incubi di Congo e le tristi confessioni dei suoi alleati, come quello che dovette uccidere il padre della moglie perchè comunista, oppure lo stesso Congo che si fa picchiare e costringe i nipoti di notte a svegliarsi e vedere le immagini, diventano fantasmi reali e comunicanti.
Anno: 2012
Paese: Danimarca, Norvegia, Gran Bretagna, Svezia, Finlandia
Giudizio: 5/5
Nel 1965, con un colpo di stato, l'esercito depone il governo indonesiano. In meno di un anno chiunque si opponga alla dittatura militare viene accusato di comunismo e trucidato con l'appoggio della Gioventù di Pancasila. Appartenenti ai sindacati e alla minoranza etnica cinese, contadini privati della propria terra e intellettuali sono giustiziati dai paramilitari e da piccoli fuorilegge dediti al bagarinaggio di biglietti del cinema presto elevati allo stato di killer spietati. Gli assassini di ieri oggi sono uomini benestanti che hanno accettato di ricreare le scene delle loro torture e esecuzioni, adattandole ai generi cinematografici preferiti: western, musical e gangster movie.
The Act of Killing è originale. Basterebbe già solo questo elemento per collocalo tra gli esperimenti più interessanti di questi ultimi anni.
Cinema veritè, il duro confronto con una realtà che per molti era probabilmente sconosciuta e un fatto sociale che diventa la triste realtà di alcuni paesi.
Fiction e documentario si stringono la mano per un lavoro, l'opera prima di un regista, che cerca di convogliare gli intenti per far emergere un quadro sulla dura e disarmante scelta di un paese alla deriva e i loro spiacevoli protagonisti.
Oppenheimer racconta l’orrore del massacro indonesiano inscenando davanti ai nostri occhi quell’orrenda realtà che è così poco nota in occidente; in alcuni momenti assistiamo davvero ad un intenso dramma emotivo che rivivono gli attori che al tempo erano vittime o figli delle vittime, come nella scena del villaggio in cui una bambina continua a piangere anche quando gli dicono che non è vero e una donna sembra perdere i sensi.
Gli aguzzini stessi, Anwar Congo e Adi Zulkadry, ricreano per il regista e per noi spettatori, i loro efferati delitti, le atroci torture a cui sottoponevano gli oppositori al regime. Il delitto vero e proprio non si vede mai, ma il regista e i suoi attori (attori di una messa in scena nella messa in scena, geniale creazione di Hoppenheimer) si spingono così vicini alla sua mostrazione che allo spettatore sembra di vederlo ed è sorprendente il disagio arrecato a carnefice,vittima e spettatore.
Uno dei tratti sorprendenti dell'opera è sicuramente il ruolo marginale della telecamera che osserva senza commentare e dare giudizi, ma lasciando solo allo spettatore la straziante presa di coscienza su qualcosa che non è stato possibile frenare dilagando come un tumore incurabile capace di genererare ancora terrore a distanza di anni nelle coscienze dei carnefici e delle vittime.
"La più grande caccia ai comunisti di tutti i tempi" è una scusa per un manipolo di uomini che confessano più volte di non sapere se le vittime fossero comuniste o meno.
Il regista inoltre riflette su un elemento determinante nella classificazione di questo lavoro e della ricerca degli intenti del documentario ovvero come vedono sé stessi questi assassini? Come vedono il loro agìto e le loro vittime? Come vogliono essere visti?
Oppenheimer ha ottenuto la collaborazione dei protagonisti presentando il film come un ritratto pubblico delle gerarchie militari al potere. Non era una menzogna, ma era inevitabile che alla visione del prodotto finito, Anwar e compagni manifestassero qualche dubbio in merito alla ricezione del documentario presso il pubblico indonesiano e internazionale.
Se l’intento che li aveva guidati nelle loro messe in scena era quello di glorificare sé stessi e le loro azioni passate, perché avevano liberato il Paese dal pericolo comunista, rivedendo le sequenze in cui simulano i propri crimini, non possono non percepire un che di disforico quando il film di Hoppenheimer compie un ulteriore passo nel delirio, ovvero quando gli assassini giungono ad impersonare le loro vittime.
A questo punto gli incubi di Congo e le tristi confessioni dei suoi alleati, come quello che dovette uccidere il padre della moglie perchè comunista, oppure lo stesso Congo che si fa picchiare e costringe i nipoti di notte a svegliarsi e vedere le immagini, diventano fantasmi reali e comunicanti.
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