Titolo: Mulino delle donne di pietra
Regia: Giorgio Ferrosi
Anno: 1960
Paese: Italia/Francia
Giudizio: 3/5
Giudizio: 3/5
Un giovane arriva in Olanda per lavorare su un gigantesco carillon del Settecento. Viene ospitato dal dottor Wahl, vedovo, il quale vive nel mulino assieme alla figlia, Helfi, e un medico. Il medico ha il compito di guarire Helfi da una strana malattia che intacca il sangue e provoca la morte. L’unico modo per tenere in vita la bella Helfi è quello di travasare il sangue di giovani donne.
Tratto da –I racconti fiamminghi-di Pieter Van Veigen, questo neogotico italiano è a mio parere ben riuscito. La storia è semplice, ma funziona molto bene, arricchita da qualche elemento inverosimile, ma nell’insieme ben sceneggiata. L’allestimento del carillon con tutte le donne di cera che si muovono sulla piattaforma è suggestivo e molto ben curato. La fotografia di Pier Ludovico Pavoni è favolosa dipingendo di colori irreali le distinzioni dei sogni/incubi del protagonista.
Scilla Gabel è così bella che fa la sua figura anche quando è una statua di cera.
Il finale come molti film di questo genere è a lieto fine.
Scena cult: la statua di cera della donna che avvelena i pozzi. Inquietante(per quanto al tempo potesse esserlo).
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