Titolo: Viaggio in Paradiso
Regia: Adrian Grunberg
Anno: 2012
Paese: Usa
Giudizio: 2/5
Driver sta cercando di passare il confine messicano a
bordo di un'auto piena di soldi sporchi quando viene arrestato dalla polizia.
Sa bene che per lui si aprono le porte di un carcere da incubo dove imparerà a
sopravvivere anche grazie all'inaspettato aiuto di un bambino di nove anni che
nasconde un terrificante segreto...
Abbagli.
Sì perché l’opera prima di Grunberg con protagonista
quello che resta di Gibson, ha un inizio che sembrava valere la pena. Denuncia
le condizioni di vita carceraria e mostra un microcosmo abitativo all’interno
di El Pueblito in cui vince la legge del più forte ma soprattutto del più
furbo.
La storia funziona anche quando Drive trova il bambino ma
poi dopo un po’ sembra di vedere MAN ON FIRE con Gibson che prende le granate
al volo e le rilancia contro i nemici (assurdità oltre ogni limite) per poi
passare a far vedere come il solito gringo appare più scaltro e più furbo di
tutta la prigione messicana, dovendo salvare madre e figlio ingiustamente prede
di carnefici spietati e riuscendo a tramare piani e portare a termine una lotta
contro la corruzione che farebbe scoppiare in un mare di risate qualsiasi
cartello della droga messicana.
Forse per William Wallace tutto ciò è possibile, ma nella
sceneggiatura, in cui ritroviamo lo stesso Gibson in veste anche di produttore
etc (chissà come mai), a fare i conti con quello che sembra in buona parte un
film reazionario, la frittata non funziona e ancora una volta fa pensare
sull’ideologia che muove alcuni tipi di pellicola.
La cosa che lascia davvero perplessi comunque a parte la
velata ideologia di fondo, è il fatto che mentre si poteva ampliare un discorso
sociale davvero interessante e di denuncia sulla realtà del Pueblito,
riprodotto fedelmente e con un ottima catarsi degli attori e una scenografia da
b-movie, tutto è rigorosamente confezionato su Gibson che deve cercare dopo
tutti gli scandali di cercare una nuova redenzione.
Ma il cinema non è la vita reale…e questo speriamo che lo
sappiano anche Gibson e Grunberg
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