Titolo: Uomo che venne dalla terra
Regia: Richard Shenkman
Anno: 2007
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Il professor John Oldman (probabile gioco di
parole) sta per lasciare l’università in cui insegna e, durante il trasloco, i
suoi colleghi si presentano a casa sua per una festa d’addio a sorpresa. Tra
loro ci sono: Harry (un biologo), Edith (una studiosa di Scritture Cristiane),
Dan (un antropologo) e Sandy (una dottoressa in storia, innamorata di John).
Discutendo del più e del meno, a causa di un bulino risalente all’epoca
magdaleniana, John rivela di essere un uomo della preistoria, un Cro-Magnon di
14000 anni sopravvissuto, probabilmente (come suggerisce Harry), grazie ad
un’ottima capacità di rigenerazione cellulare. Intanto un altro professore,
Art, un archeologo, si unisce a loro con una giovane e curiosa studentessa e,
in seguito, anche il Dottor Will Gruber, un anziano psichiatra, giunge alla
dimora di John.
I film spesso e volentieri, quando non hanno
produzioni faraoniche dietro, cercano di farsi furbi, come in questo caso,
puntando su un soggetto intrigante, un manipolo di attori, una regia televisiva
e senza troppa cura e un’unica location (un salotto).
L’immortalità e la possibilità di conoscere un
uomo nato nel periodo preistorico e sopravvissuto finora, è un grosso
potenziale che in questo caso cerca di essere ancora più suggestivo, con una
sorta di monologo/dialogo, che pone continue riflessioni e investe lo
spettatore cercando quasi di azzerare il suo acume scientifico.
E bisogna ammettere che per gran parte del
film ci riesce, almeno fino al finale, dove non mi è chiaro se i dubbi e il
macrodubbio sia voluto, o diventa quel finale aperto che in un film di questo
genere non si aspetta di dover chiudere, lasciando allo spettatore l‘onere di
giudicare le tesi sostenute da John
Oldman.
Jerome Bixby che ha scritto il soggetto deve
essersi proprio divertito.
Un film particolare che però nasconde una
velata aura di furbizia come a dire, giochiamo su un terreno sconosciuto, e in
cui l’insopportabile maschera del protagonista crea allusioni, forse come
ammettere sul fatto di aver potuto davvero prendere in giro delle menti
brillanti.
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