Titolo: Scambio
Regia: Salvo Cuccia
Anno: 2015
Paese: Italia
Festival: TFF 33°
Giudizio: 2/5
Palermo, 1995. Tra i banchi del
mercato, due ragazzi sono colpiti alle spalle da sicari ‘mafiosi’.
Uno muore, l’altro sopravvive ma è questione di ore. Un
commissario cupo e introverso indaga. A casa lo aspetta la consorte,
una donna inconsolabile per il rapimento di un bambino avvenuto due
anni prima e per non averne uno suo da stringere. In cortile un
collega si accende un’altra sigaretta e rimane in attesa di sapere
dove condurlo. Con l’aiuto dei suoi uomini, ferma e preleva un
giovane geometra che sospetta prossimo ai ragazzi uccisi. Ma è
evidente che il ragazzo non sa nulla. Nondimeno, ostinato a ottenere
una confessione, il commissario passa alle maniere forti. La moglie
intanto resiste lungo i corridori di una casa ingombrante e
ingombrata di ‘buone cose di pessimo gusto’. Sola e fragile è
assediata dalle apparizioni del bambino rapito che sogna un cavallo e
del fratello pentito che rivela la faccia oscura del cognato. La
tensione sale, i nervi cedono e la situazione fuori e dentro casa
sfugge di mano.
"Ho cercato l’essenza dell’agire
criminale partendo da fatti veri, ha dichiarato il regista, mi
interessava sondare la natura dei personaggi e delle situazioni, per
estrarne una drammaturgia che vivesse di vita propria, al di là dei
fatti reali, visto che gli elementi di partenza erano molto forti ed
era evidente la relazione tra cause ed effetti. "
Lo scambio è un film particolarmente
noioso e mai coinvolgente con un unico colpo di scena e 93' per
prepararlo a dovere. Ma poi sarà davvero così?
Con una forma e una recitazione troppo
televisiva si arriva ad una bassezza che nei dialoghi e nelle pause
modello fiction rai trova i punti deboli più forti e forse di una
regia che strizza troppo l'occhio alla televisione.
Il senso sfugge, come pure quello della
ricostruzione teatral-immaginifica dei pensieri della moglie del
protagonista, perennemente tormentata.
Forse Cuccia voleva ricordarci che la
mafia è invisibile agli occhi, e che è un humus di una regione e di
un paese mettendolo in scena e rifiutando l'estetica contemporanea di
SUBURRA chiudendosi però dentro uno spazio troppo marginale.
In più si vede che il regista cerca di
omaggiare la vecchia scuola di altri registi che hanno fatto storia
nel nostro cinema senza riuscirne e senza avere gli strumenti e il
talento.
Un film basato sull’inganno che si
cela dietro all’apparenza non è oggi giorno così originale e non
basta appunto creare un film e farci vedere solo lo scheletro.
Come mai sia finito in concorso resta
un mistero...
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