Titolo: Isola dei cani
Regia: Wes Anderson
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
Giappone, 2037. Il dodicenne Atari
Kobayashi va alla ricerca del suo amato cane dopo che, per un decreto
esecutivo a causa di un'influenza canina, tutti i cani di Megasaki
City vengono mandati in esilio in una vasta discarica chiamata Trash
Island. Atari parte da solo nel suo Junior-Turbo Prop e vola
attraverso il fiume alla ricerca del suo cane da guardia, Spots. Lì,
con l'aiuto di un branco di nuovi amici a quattro zampe, inizia un
percorso finalizzato alla loro liberazione.
Ormai Anderson, nel bene, c'è lo siamo
persi su lidi ormai molto distanti dalla normalità di partorire il
cinema, creando sempre di più, un suo universo e un suo codice molto
elementare seppur complesso di fare cinema.
L'isola dei cani potrebbe essere uno
dei cardini finali in questa sua nobile e importante ricerca di
migliorare, destrutturare e cambiare sistemi, linguaggi e tecniche
visive.
Anderson, dal canto suo, è sempre più
avvezzo ad un cambiamento e una rigorosità nella messa in scena che
ormai e inutile stare ad elencare, la sua filmografia è chiara,
riuscendo in questo film almeno, chissà se volutamente, a raccontare
una delle più belle metafore che si stanno manifestando nella nostra
società dove di fatto, che siano migranti, stranieri, persone
etnicamente o religiosamente diverse, il punto è chiaro è la
formula migliore da parte di qualsiasi governo è sempre la stessa:
quella di respingere.
Perchè l'isola dei cani in fondo
respinge in qualche modo la solita struttura classica di far
convergere la storia o di narrarla attraverso i soliti stilemi o
topoi narrativi ricorrenti.
Qui l'essenziale spesso diventa
profetico per cercare di mostrare quella rigidità di sicuro molto
orientale, di come parte di questo respingimento culturale diventa il
motore centrale per far avvicinare due mondi, due realtà, che
sembrano cercare di ritrovarsi per dialogare per la prima volta senza
paure.
L'altra metafora importante e su cui
Anderson da sempre impronta e impermea il suo cinema è quello della
scoperta e dell’accettazione dell’identità del singolo
all’interno di un gruppo sociale, elemento che come il precedente
riesce a sintetizzarsi ancora meglio nella terra del Sol Levante.