Titolo: Ingorgo
Regia: Luigi Comencini
Anno: 1978
Paese: Italia
Giudizio: 4/5
Un corteo di macchine procede sempre
più lentamente lungo la tangenziale di Roma, sino a che ogni
possibilità di movimento si blocca. L'ingorgo durerà 36 ore. Sin
dai primi momenti il nervosismo dei viaggiatori è evidente. Quando
sfumano le speranze di una veloce soluzione, mancano notizie, si
palesano le prime necessità, la tensione sale al massimo e non pochi
trascendono. La circostanza permette di scoprire i lati peggiori
dell'umanità presente.
L'ingorgo è un film importantissimo.
Una metafora dolorosa e amara che ritrae in maniera cupa alcuni
aspetti della nostra cultura, dei valori, della differenza tra le
classi sociali e molto altro ancora. Un film corale che vanta una
galleria di attori straordinari. Un film di denuncia sull'immobilità
della nostra società, in questo caso il progresso e la difficoltà a
considerare il fatto che si possa restare immobili nonostante si
abbia tutti gli strumenti a disposizione per percorrere molti
chilometri. Ma poi la metafora più bella è stata quella di usare le
macchine come celle di alluminio dove ci si auto isola e dove può
succeder di tutto, tra amori ormai giunti alla fine, paradossale il
festeggiamento delle nozze d'argento, un avvocato che pensa solo gli
affari e che crede sia giusto comprare qualsiasi cosa, attori che
ormai non c'è la fanno più e vengono coinvolti in strani giochi
perversi, amanti irregolari e ancora drammi e pochissime risate. La
scena dello stupro dove i testimoni sono un gruppo di malavitosi che
però non osano mettersi in mezzo ma poi tra di loro esibiscono le
pistole come massimo simbolo del potere è potentissima così come la
battaglia per l'acqua, il prezzo che ogni cosa sembra dover avere per
i ricchi mentre per i poveri no.
L'ingorgo come è solita la politica di
un autore complesso e fondamentale per il nostro cinema cerca sempre
di dare al film una certa verosimiglianza, precludendo la via del
paradosso ed è proprio per questo che le singole scene sembrano
tutte così incredibilmente realistiche.
La location, se così possiamo
chiamarla, è stata ricostruita nella Cinecittà della fine degli
anni ’70, nello specifico, un raccordo autostradale con tanto di
distributore e un cimitero per auto che accresce la metafora già
esplicita che il film possiede.
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