Titolo: Velvet Buzzsaw
Regia: Dan Gilroy
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Morf Vandewalt è un critico d'arte tra
i più temuti sulla scena delle gallerie californiane. Un giorno,
quando ormai è convinto di non poter essere più sorpreso da nulla,
si imbatte nei quadri di un artista sconosciuto, che la sua amica (e
amante) Josephine, assistente della gallerista Rhodora, dice di aver
trovato per caso abbandonati in strada. Si tratta di quadri
bellissimi, ipnotici e originali, di cui Morf si innamora
all'istante. Peccato che le cose non siano andate proprio come le ha
raccontate Josephine: quei quadri appartengono a un artista morto, e
per nessun motivo al mondo Rhodora li avrebbe dovuti mettere in
commercio. Ma che senso ha l'arte, se nessuno la può vedere?
Film che criticano l'arte nel cinema ne
abbiamo e non pochi anche se solo negli ultimi anni il cinema sembra
aver scoperto questa nuova incursione.
Ci sono quelli più politici, quelli
più fracassoni, quelli estetici fine a se stessi e quelli come il
secondo film di Gilroy che cercano di essere tutto assieme:
grotteschi, ironici, violenti, politici, dal momento che aderiscono
perfettamente al cinema di genere.
Il risultato per tutti questi fattori
sembra volersi sintetizzare grosso modo in una log line: gli artisti
tra i loro tic e paradossi pur di vendere ricorrono a tutto e in
quanto tali e ora che qualcuno faccia loro qualcosa. Quindi senza
troppi preamboli Vetril Dease diventa il deus ex machina facendo sì
che proprio questo egocentrismo e questa avidità porta per forza
alla paranoia e al gioco al massacro.
E chi meglio delle stesse opere d'arte?
Strano, per certi aspetti confuso, non
torna tutto in questo film. Eppure è assemblato bene, cambia
completamente lo scenario come le opere dell'artista morto e
maledetto che colpirà con la sua vendetta tutte le iene pronte a
cibarsi dei suoi resti.
Con un buon cast, Gyllenhall gli voglio
un mare di bene ma bisogna sapergli mettere dei paletti altrimenti
esce fuori, riesce comunque a dare quel senso di squallido, immorale,
libertino, elegante e sbruffone come la materia richiedeva
soprattutto per inquadrare quell'elite borghese e annoiata.
Dal punto di vista tecnico Gilroy
infarcisce tutto come deve, rendendolo hi tech e minimal ma allo
stesso tempo rendendo molto suggestivo il set up della scena
artistica californiana.