Titolo: Finchè c'è Prosecco c'è
speranza
Regia: Antonio Padovan
Anno: 2017
Paese: Italia
Giudizio: 3/5
Campagna veneta, colline del Prosecco.
Una serie di omicidi e, unico indiziato, un morto: il conte Desiderio
Ancillotto, grande vignaiolo che pare essersi tolto la vita
inscenando un improvviso e teatrale suicidio.
Devo dire che ci vuole molto coraggio a
intitolare un film con un nome del genere. Chissà all'estero.
Al di là del nome, al di là del fatto
che non si è proprio sentito in giro, che non mi sembra di averlo
visto a nessun festival e tante altre cose.
Il thriller di Padovan sembra partire
con un profilo basso come se fosse l'ennesimo thriller già visto che
bisogna almeno sperare che garantisca un po di ritmo e che non annoi
a morte. Invece ci troviamo di fronte ad un'opera prima scritta bene,
con una pungente analisi per certi versi grottesca su come funzionino
le leggi sull'industria vinicola.
Un giallo certo con un taglio piuttosto
televisivo ma a differenza di quelle monumentali cagate si serie
nostrane qui almeno l'indagine parte e analizza un soggetto originale
dove almeno scopriamo come funziona tutta la "mafia" legata
alle terre del prosecco.
Tutto il film per certi aspetti è
bilanciato dal tema della sostenibilità, quella del ispettore Stucky
(che si pronuncia Stucchi)legato al suo intricato passato e a quello
della sostenibilità ambientale come dice Ancilotto all'inizio del
film
“Mio nonno sceglieva ogni anno un
ettaro di terra, e lo lasciava incolto. Per non esagerare, per
chiedere alle cose un po’ meno di quello che possono dare.”
Certo l'esordio di Padovan non entra
nella lista dei film italiani più interessanti del 2017, ma regala
un giallo che non se ne vedevano da tempo e lo fa cercando nella sua
semplicità e spontaneità di renderlo per lo meno gradevole e con
una grande lezione sull'assegnazione delle vigne e le terre del
Prosecco. Battiston aiuta non poco a caratterizzare l'ispettore.
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