Titolo: Bad day for the cut
Regia: Brendan Mullin
Anno: 2017
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 4/5
Donal, un contadino di mezza età, vive una vita semplice
a casa con la madre. Quando questa viene uccisa, Donal va a Belfast in cerca di
risposte e di vendetta, ma trova un mondo violento e un segreto sulla sua
famiglia
I revenge-movie si sa sembrano aver detto tutto
soprattutto quando gli si analizza in chiave action. Quando invece il dramma, i
colpi di scena, i segreti famigliari, vengono esplosi in tutta la loro virulenza
possiamo aspettarci storie che se non del tutto originali, riescono ad essere
maledettamente interessanti.
Il film di Mullin ci porta a Belfast mostrandocela come
un luogo a prima occhiata tranquillo dove ormai l’Ira a lasciato perdere non
esistendo più se non in una sub-cultura criminale di poco conto, ma traffici di
esseri umani vengono portati alla luce senza nemmeno il bisogno di nasconderli
più di tanto.
Il concetto è la vendetta spietata di un contadino che
abbraccia un fucile, cambia il colore del suo camper e si lancia in una spirale
di violenza senza battere ciglio come se aspettasse solo quel momento per uscire
da una quotidianità fatta di dialoghi con la mamma e bevute al pub parlando con
la barista.
Donal impersonifica il buon uomo con pancetta e barba e
una certa età chiamato a sacrificarsi per un dovere che non può lasciare
incompiuto. Un apologo morale che nell’ultimo atto diventa cupissimo e
tristissimo per le scelte che protagonisti e antagonisti dovranno sostenere. Il
colpo di scena è intuibile già nel secondo atto, ma lo sforzo degli attori
rende tutto l’impianto più credibile e sincero con un’empatia che tocca tutti i
personaggi anche la cattivissima Frankie Pierce, la vera
sorpresa del film abile nel far capire alla figlia quanto è importante finire i
compiti e comportarsi bene in uno strano paradiso artificiale per poi spaccare
teste e giustiziare come se fosse l’angelo della morte scesa in terra.
Condito con un black humor accattivante, prendendosi sul
serio ma mai troppo, cedendo ad alcune buche nella sceneggiatura ma
riprendendosi sempre in fretta, il film di Mullin è british fino alla radice.
Un impianto dove fondamentalmente Donal senza rendersene conto apre porte
sempre più pericolose, si trova a dover fare coppia con personaggi umili e che
non riescono a portare a termine i loro compiti (la coppia di fratelli
polacchi). Un film a cui ho voluto molto bene perché ha saputo creare ancora
una volta una complessa analisi dei personaggi anche quelli secondari e con un
finale triste quando spietato.
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