Titolo: Zhit
Regia: Vasili Sigarev
Anno: 2012
Paese: Russia
Giudizio: 4/5
Un luogo imprecisato della Russia,
oggi.
Tre storie che si intrecciano. Un comune denominatore: il lutto o, meglio, il tentativo di elaborarlo. Si sa,
ognuno tende a superare una tragedia a modo suo, e non sempre ci
riesce. Non è mica facile. Spesso si scelgono strade impervie,
sentieri non tracciati, vicoli ciechi.
Zhit aka Living è un dramma lento e
straziante ambientato in una imprecisata landa desolata russa. Tre
storie di cui una in particolare riesce a far provare quel senso di
ingiustizia, di squallore che sembra essere il modus operandi di una
popolazione in parte sessista e maschilista soprattutto nelle aree
periferiche e abbandonate dallo stato.
La donna, sempre lei, si ribella, si
oppone, rendendosi presto conto che la militia russa e le istituzioni
non stanno dalla sua parte e quindi dovrà elaborare e farsi carico
di tutta la sofferenza attorno a lei. Una disamina sull'accettazione
del lutto che come la giovane protagonista investe anche altre madri
senza contare il supporto del prete e il suo ruolo di mantenere alto
il peso della politica e delle istituzioni.
E'un film cupo e disperato, in cui
l'illusione di poter credere e affidarsi alla giustizia sembra già
perso in partenza in un paese gelido e complesso negli ideali che
promuove.
La scena in treno e straziante, forse
la peggiore, che colpisce con una brutalità lo spettatore e lascia
impunita la tragedia diventando uno dei termometri maggiori di un
film che in fondo approfondisce il rapporto con la morte.
Una coralità sui generis che abbraccia
altre due store, anch'esse drammatiche sviluppate su altri drammi
familiari e cambiando target generazionale.
Un film minimale, poche e scarne
location che come il freddo e il bianco sembra assurgere ad una sorta
di limbo dove le persone cercano di dare un obbiettivo alla loro vita
senza impazzire o alcolizzandosi come unico divertimento
dimenticandosi così e accettando parte delle ingiustizie e delle
violenze.
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