Titolo: Au poste
Regia: Quentin Dupieux
Anno: 2018
Paese: Francia
Giudizio: 3/5
Un uomo viene convocato in un commissariato per spiegare
la sua posizione dopo il ritrovamento di un cadavere di fronte alla sua
abitazione.
Più vado avanti a scoprire le sue opere e più mi rendo
conto che Quentin Dupieux aka Mr.Oizo di cui al momento mi manca solo Steak è
un regista inclassificabile, il che è un bene visto il talento, il continuo
viaggiare nei generi, spiazzando continuamente lo spettatore e regalando quel
non-sense, quel realismo assurdo, un horror grottesco come è capitato per Daim che se penso ad alcune scene ancora mi viene da ridere. Ormai non si può
più discutere il talento e la follia dell’autore francese.
Dopo alcune incursioni americane, comunque interessanti
dal momento che ha sempre avuto carta libera, qui siamo nel teatro da salotto,
nella commedia dell’assurdo, un Kafka ribaltato, un palcoscenico di vita che
nel climax finale viene solo voglia di alzarsi e applaudire o mandare a
stendere il regista.
Tutto giocato su una sceneggiatura scritta dallo stesso autore
e affidata al talento di due attori che non hanno bisogno di presentazioni.
Quello che ne esce ha il sapore di un talento nel saper scrivere i dialoghi e
nell’approfondire gli aspetti più sconclusionati della quotidianità, dare
valore a momenti che non sembrano avere nessun significato. Au poste è meno
anarchico e demenziale rispetto ad alcuni dei suoi film precedenti, cercando e
provando a mettere in discussione il principio di causa ed effetto capovolgendo
sempre il piano del significato e cambiando discorso da un momento all’altro in
base all’umore del commissario e dei suoi gregari, che come spesso nel cinema
di Dupieux, sono mezzi menomati e non sembrano completamente a posto.
A mezza strada tra sogno e realtà, metacinema e
demenzialità qui possiamo tranquillamente parlare di un esercizio di stile che
per fortuna gli è venuto bene sapendo padroneggiare ormai abilmente tecnica e
soprattutto recitazione e anche direi un po’ di improvvisazione. Un divertissement
puro suo e degli attori che riesce comunque a regalare in alcuni momenti e dare
sfogo ad alcuni sconclusionati ragionamenti delle forze dell’ordine durante gli
interrogatori.
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