Titolo: Dolemite is my name
Regia: Craig Brewer
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Rudy Ray Moore non è sempre stato
Dolemite. Ci ha messo un po' a decidere di diventarlo. E quando
poteva concentrarsi solo sulla carriera di stand-up comedian, ha
pensato bene di creare un film attorno al suo personaggio. Quasi
senza soldi, senza un vero e proprio cast, con una sceneggiatura
raffazzonata e tutto il nudo possibile
Sinceramente non so dove fosse finito
Eddie Murphy. Il padre della risata che tra gli anni '80 e '90 ha
dato ruoli indimenticabili, il Bambino d’oro su tutti, ritorna
notevolmente invecchiato ma sempre con quella faccia da culo pronta a
dirne una più del solito.
Dolemite è praticamente tutto sulle
sue spalle, sul suo potere comico, sulla sua espressività che non
conosce limiti, ma anche su un personaggio per fortuna meno tagliato
con l'accetta come lo erano i suoi ruoli del passato, con una forza
drammatica che dimostra ancora una volta il suo talento.
Un biopic sulla storia vera del comico,
musicista, cantante, attore e produttore cinematografico Rudy Ray
Moore ormai al capolinea e bisognoso di cercare una soluzione per
continuare ad avere successo. Il film è una commedia velata da un
dramma interiore del protagonista, un'opera carismatica e valida,
dove l'idea supera la forma e il film ancora una volta ci ripete
quanto siano importanti le storie, lo storytelling e quindi
registrare canzonette sporche di senzatetto riadattandole
intelligentemente per il grande pubblico. Questo stratagemma può
essere un'arma infallibile per conquistarsi di nuovo un meritato
posto da leader sul palcoscenico.
L'opera di Brewer che finalmente filma
il suo miglior film, cerca però, quando ormai la trama è sdoganata,
di aggiungere ancora elementi preziosi e importanti per farci capire
quanto in quel periodo quel mondo e la cultura afro stesse cambiando
rapidamente, dall'hip-hop, alla blaxploitation mostrando un paesaggio
rappresentativo in cui gli afroamericani vivono in contesti poveri,
popolati da prostitute e spacciatori e dove Dolemite, visto quello
che lo circonda, riesce nel bene e nel male a sfruttarlo a suo
piacimento per mostrare il doppio lato della società all'interno dei
suoi monologhi.
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