Titolo: Profeta
Regia: Jacques Audiard
Anno: 2009
Paese: Francia
Giudizio: 4/5
Malik El Djebena ha 19 anni quando
viene condannato a sei anni di prigione. Entra con poco o nulla, una
banconota ripiegata su se stessa e dei vestiti troppo usurati, che a
detta delle guardie non vale la pena di conservare. Quando esce ha un
impero e tre macchine pronte a scortare i suoi primi passi. In mezzo
c'è il carcere, la protezione offertagli da un mafioso corso,
l'omicidio come rito d'iniziazione, l'ampliarsi delle conoscenze e
dei traffici, le incursioni in permesso fuori dal carcere, dove gli
affari prendono velocità.
Audiard è un regista francese che
potremmo definire quasi internazionale. Il suo cinema almeno le sue
ultime opere dimostrano talento e soprattutto la capacità di girare
qualsiasi cosa, di qualsiasi genere e con qualsiasi attore
internazionale.
I risultati seppur molto distanti
confermano un innegabile talento. Sapore
di ruggine e ossa
, Deephan,
sono storie d'azione, drammatiche e coraggiose che parlano di
questioni attuali mischiandole con la criminalità organizzata o la
crisi del lavoro e i protagonisti quasi sempre dei perdenti.
Su tutto un aderenza ai generi
minimale, un aspetto tecnico sempre squisitamente formidabile, un
cast che aderisce perfettamente alla causa e infine tante bellissime
scene che come quadri diventano indimenticabili nella psiche dello
spettatore.
Il profeta è il film da cui il regista
segna un importante passaggio, entrando nel mondo adulto e maturo e da
lì in seguito sarà solo una discesa negli inferi.
Prison movie, dramma contemporaneo,
vita criminale, viaggio di formazione nella violenza.
Il film discute e approfondisce tanti
passaggi, immergendosi fin da subito nella sub cultura che racconta,
soprattutto quelli in carcere con alcuni dialoghi squisiti e che
istantaneamente rendono il film molto realistico e decisamente
esagerato sotto certi aspetti.
Un film che non vacilla mai,
sospendendo il pregiudizio, di fatto essendo lungo quanto complesso,
ma che grazie ad un uso sapiente del montaggio, non lascia mai
momenti di vuoto ma relega ogni momento ad una scena ben precisa,
diventando significativo nella sua continuità come l'exursus del
protagonista scandito da didascalie che suddividono la sua epopea in
capitoli
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