Titolo: Lost in La Mancha
Regia: Keith Fulton, Louis Pepe
Anno: 2001
Paese: Gran Bretagna
Giudizio: 3/5
Nel settembre del 2000, Terry Gillian
avrebbe dovuto iniziare le riprese del film "The man who killed
Don Quixote", una mega-produzione europea che raccontava le
disavventure di un pubblicitario americano capitato, chissà come,
nella Spagna del XVII secolo, ed assoldato da Don Chisciotte come
novello Sancho Panza. Il film ebbe problemi fin dalla pre-produzione,
e naufragò dopo soli sei giorni di lavorazione grazie ad
un'incredibile concomitanza di eventi: un uragano che semi-distrusse
le apparecchiature, problemi logistici sottovalutati e soprattutto
una grave malattia che costrinse il protagonista Jean Rochefort a
rinunciare all'impresa. "Lost in La Mancha" è un
documentario che testimonia le disavventure occorse al vulcanico
regista inglese: nato come innocente "making of", è stato
successivamente rimpolpato con interviste, disegni ad hoc ed inserti
video (memorabili le poche scene del "Don Chisciotte" che
anche Orson Welles provò a girare, ma senza successo); il film, da
semplice curiosità sul dietro le quinte di una lavorazione, diventa
quindi un importante mezzo per comprendere la magia del cinema, le
fatiche della sua realizzazione ed anche quel pizzico di genio e
sregolatezza che si nasconde dietro ogni grande impresa.
I making of che poi diventano
documentari non sono moltissimi soprattutto quando si parla di grandi
registi per progetti prestigiosi. Quando in un'unica parola si arriva
ad annusare l'atmosfera che può celarsi dietro un film maledetto e
soprattutto dietro il talento di un grande regista come Gilliam
allora l'interesse ad avvicinarsi ad un esperimento simile non può
risparmiare nessun cinefilo.
Un regista pazzo, per tanti
mestieranti, colleghi, produttori. Un personaggio complesso e
difficile dal talento naturale innegabile e grande sognatore. Come
tanti però è sempre stato molto disturbato nella sua iperattività.
Questo segmento montato e filmato da alcuni suoi collaboratori da
degli sprazzi importanti per cercare di capire la complessità alla
base di alcuni progetti, la sfortuna (che seppur non esiste andrebbe
coniata anche solo per i progetti dell'autore), la difficoltà di far
girare la macchina cinematografica come si deve e infine la rinuncia,
quella che fino alla fine viene scongiurata.
Un viaggio tutt'altro che lezioso o
noioso ma invece un dietro le quinte che ci insegna le tante
difficoltà logistiche e produttive. Questo folle miscuglio di scene
rende perfettamente l'idea di come il cinema non sia quella macchina
sempre facile, piena di soldi, con gli attori tutti posati e pronti a
mettersi in mostra
Tanti i motivi che hanno concorso al
disastro finanziario (32 milioni di dollari) e creativo: la troupe
sparsa in giro per il mondo, l'assenza di reale comunicazione tra i
vari elementi del cast, un nubifragio a inizio lavorazione, il male
alla prostata del protagonista Jean Rochefort, che ha dovuto
abbandonare il set, ma su tutto l'incapacità del regista di
circoscrivere il suo estro, di dare una forma alla sua potente
visione, di sfogare in modo costruttivo il suo ego. Un'ambizione
smisurata che coinciderà anche con i suoi film successivi.
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