Titolo: Ulysses-A dark odyssey
Regia: Federico Alotto
Anno: 2018
Paese: Italia
Giudizio: 3/5
Anno 2020. In una Torino alternativa e
notturna, divenuta per l’occasione Taurus City, il militare Ulysses
vaga alla ricerca della moglie Penelope e dei segreti nascosti nel
proprio passato, ma la sorte ha in serbo per lui una lunga serie di
incontri inquietanti e pericolosi.
Pro e contro del primo lungometraggio
del torinese Alotto che ha dovuto vendere una casa di proprietà per
finanziarsi il film.
Il cinema costa non dimentichiamolo
mai.
Una premessa in cui mi sento di
spezzare una lancia a favore del cinema indie low-budget.
Ancora di più quando sono giovani
emergenti a chiamarsi fuori dalle istituzioni e altre realtà che non
supportano gli sconosciuti. In questo caso coraggio e determinazione
contando poi che il risultato non è esageratamente fine a se stesso
come i lavori di un altro pseudo artista torinese che ha girato un
film quasi contemporaneo a questo, anche quello con tanti attori
internazionali ormai entrati nella terza età.
Ora a me Ulysses non è piaciuto ma
sono contento che sia stato realizzato immagino con traversie
innumerevoli e squisite difficoltà.
Partendo dai pro con cui spesso finirò
per comparare i contro, sono d'accordo che il film dalla sua non ha
nessuna pretesa illustrativa cercando un suo mondo straordinario
originale, il quale, volendo abbracciare tante zone di Torino riesce
in alcuni punti ad essere credibile e con delle scenografie
funzionali mentre in altre location risulta la solita bella Torino
senza nulla che faccia pensare ad una Taurus City e fotografata poi
nemmeno così bene, cadendo spesso in un trappolone che divide il
film tra il professionale e l'amatoriale.
Come contro avrei preferito una
narrazione e dei dialoghi più significativi e meno tagliati con
l'accetta, un botta e risposta tremendamente didascalico che spesso
snatura la stessa caratterizzazione dei personaggi rendendoli poco
più che macchiette fuori dalle righe.
Il film ha un taglio ed una messa in
scena platealmente tamarra dall'inizio alla fine, elemento che non
deve essere per forza un punto debole, anzi, ma però rimane una
scelta e come tale crea dei risultati, un meccanismo e delle
aspettative che celebrano al contempo una certa ricerca di cinema.
E'un film pretenzioso dove il regista
ha voluto fare qualcosa di macro anzichè partire con un'opera micro
come spesso fanno tanti esordienti magari ambientando tutto in
un'unica location.
Anche questa è una scelta coraggiosa,
ambiziosa e folle che però riesce in diversi momenti ad affinare la
suspance attraverso la tecnica cinematografica il che significa che
più avanti se il cinema o le risorse finanziarie di Alotto lo
permetteranno, il ragazzo andrà avanti e migliorerà ancora di più
spero lo script e i dialoghi piuttosto che lo stile di regia che
seppur con tante imperfezioni funziona.
Dal punto di vista tecnico non amo
quello stile grafico troppo "acceso" (una fotografia a
volte bruciata),a meno che non ci troviamo di fronte a super
produzioni americane che i soldi c'è li hanno eccome, qui viene
richiamato spesso un tono quasi da videogioco con un montaggio spesso
frenetico o che storpia e velocizza i ricordi del protagonista dove
alcune sequenze pirotecniche e parlo soprattutto dei combattimenti
storpiano completamente l'intento del film rendendolo di nuovo
estremamemte amatoriale ( e non mi pronunciò sulle scene da war
movie).
Uli-Nessuno-Johnny Ferro, il
protagonista e nessuno e centomila mi verrebbe da dire, un
personaggio marmoreo che recita con gli occhi senza sfruttare la
mimica, ma che riesce ad essere incisivo nel suo osservare e
disperarsi su quello che gli è rimasto.
Un revenge movie in piena regola, un
film confezionato per il mercato internazionale, il mix tra cinema
mainstream e sguardo autoriale che non credo dispiacerà agli
americani dando così la possibilità di creare le basi per un
prossimo film speriamo più serio, intellettuale, che continua un
preciso percorso spettacolare e in
parte, per forza di cose, anche commerciale.
Buona fortuna Alotto!
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