Titolo: Keeper
Regia: Guillaume Senez
Anno: 2015
Paese: Belgio
Festival: TFF 33°
Giudizio: 4/5
Maxime è un adolescente di quindici
anni, figlio di genitori separati conduce una vita simile a quella
dei suoi coetanei ed è innamorato di Mélanie. La gravidanza della
ragazza complicherà il rapporto tra i due, ma il modo in cui Senez
si avvicina al loro cambiamento segue il movimento della scoperta
senza ricorrere alle forzature di un racconto che deve spiegarci ogni
snodo.
Keeper è un portiere ma anche colui
che sa custodire.
Il film vincitore del 33°TFF è
un'opera intensa, potente, con una tema abusato ma attuale, capace
come sempre di dimostrare come basti avere i numeri e saper
descrivere in modo approfondito un concetto per confezionare un'opera
realistica e drammatica.
Speranze e illusioni sembrano le frasi
di fondo che emergono dalla differenza tra sogno e realtà dei due
protagonisti. Illusioni in una società in cui i calciatori e i
portieri godono di fama mondiale e il grande sogno sembra
apparentemente alla portata di tutti per dare una vita adagiata e
senza nesusn tipo di problema.
Ma la realtà è un'altra e allora
Maxime, complice una famiglia sensibile che accoglie e si interessa
ai problemi dei figli, cerca di trovare un'ancora di salvezza ad un
disagio che sembra colpire in particolar modo Melanie e una madre che
come lei ha commesso gli stessi "errori".
Poprio quegli errori e i dubbi
impediscono purtroppo di tener fede ai propri intenti, soprattutto il
lavaggio del cervello della madre di Melanie alla figlia, diventando
ad un certo punto molto frustrante.
Keeper è privo di morale e non cerca
minimamente di darne una, smarcandosi continuamente e intessendo
tutta una serie di dubbi e scelte morali che appartengono al pubblico
come ai genitori e gli stessi protagonisti.
Un film molto autoriale con un reparto
tecnico e alcune inquadrature che sembrano quel cinema veritè dei
fratelli Dardenne e di tutto un neorealismo belga moderno e mai
stucchevole che non cerca mai di stupire ma in grado invece di
regalare uno spaccato di realtà intenso.
Keeper abbandona la retorica della
finzione e del linguaggio fasullo per diventare uno spaccato del
presente e di come realmente non esistono happy-ending forzati ma
anzi una spinta verso quell'insicurezza e paura, da entrambe le
parti, che alle volte porta alla scelta più dolorosa ma necessaria.
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