Titolo: Proxy
Regia: Zack Parker
Anno: 2013
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Esther Woodhouse è incinta e sta andando a
casa a piedi quando viene brutalmente aggredita e sfigurata da un aggressore
incappucciato. Quando Ester cerca consolazione in un gruppo di sostegno, trova
l'amicizia e l'empatia in Melanie, un'altra madre sfregiata Esther inizia
presto a credere che l'orribile evento potrebbe essere un atto del destino.
Tuttavia, l'amicizia e l'empatia possono essere delle cose molto pericolose
quando sono accettate dalle persone sbagliate.
Il merito di Proxy è quello di puntare su dei
personaggi e scavarne continuamente al loro interno quasi come in un vaso di
pandora da cui Parker tira fuori ogni volta un coniglio sporco di sangue.
Un lavoro particolare e minuzioso.
Un film che forse solo all’inizio può sembrare
con un alto tasso di violenza gratuita, ma proprio per questo bisogna aspettare
e vedere la trappola con cui il regista ci vuole appioppare un drammone di
quelli forti, destinati a far riflettere sulla portata di alcune scelte
determinanti e provare empatia per i personaggi costretti in sodalizi davvero
morbosi.
Una
caratterizzazione, quella di Ester e Melanie, che non cede il passo solo
alla violenza, ma la indaga prendendo diversi intrecci e cercando sempre più di
ricavarne un plot intrigante che sembra cambiare registro continuamente.
Proxy a differenza di altre pellicole, che
trattano una tematica poco abusata (ma spesso usata nei modi peggiori) non
investe e brutalizza lo spettatore con fiumi di sangue e un’esagerazione di
violenza, ma cerca, come il cinema dovrebbe fare, di metterlo a partorire
scelte che ne rivelino gli intenti alla base, in una lavoro di scrittura che
per un’opera prima è a dir poco ottima.
Per essere un’esordio e dispondendo di un
budget non esagerato, scelta che forse funzionalmente lo ha portato ad avere
anche degli attori poco conosciuti , Proxy con il suo soggetto scomodo e
inquietante, è un thriller psicologico da non sottovalutare.
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