Titolo: King Cobra
Regia: Justin Kelly
Anno: 2016
Paese: Usa
Festival: TFF 34°
Sezione: After Hours
Giudizio: 2/5
Ispirato a una storia vera cupa e
intrigante, il film narra le vicende di un ragazzo che diventa una
star del porno gay grazie a un losco figuro fondatore di una casa di
produzione a luci rosse chiamata Cobra Video. Gli eventi lo
porteranno ad accostarsi a un produttore rivale e altrettanto
influente, che farà di tutto pur di accaparrarselo.
Kelly: "come si fa un film che
tratti il porno-gay senza essere grossolano ed approssimativo?"chiese
il discepolo al maestro Gus Van Sant
Van Sant: "bisogna andare al di là
dell'estetica senza eccitarsi e autocompiacersi"
E fu così che al suo secondo film,
Kelly dimostrò di non aver capito nulla.
E'difficile trovare le parole per
descrivere un film fortemenete voluto da Franco, qui in veste anche
di produttore, che sembra essere stato girato troppo velocemente dove
l'attore non fa altro che ammettere la sua omosessualità in una
parodia di un "gay" secondo James Franco che si bea di
sguazzare nei luoghi comuni penando solo a ficcare e mostrare le sue
pose da produttore/gangster (senza però avere quel fascino che
mostrava in SPRING BREAKERS). Il risultato è una performance
eccessiva, urlata, volgare, grottesca nelle scene di sesso che
vorrebbero ambire al softcore con il risultato di apparire trash e
banali.
King Cobra si basa sul libro del 2012 di Andrew E. Stoner Cobra
Killer: Gay Porn, Murder, and the Manhunt to Bring the Killers to
Justice, dal titolo molto esplicativo. Un film che riesce a rendere
noiosa una storia con dentro il porno, un omicidio e James Franco,
cosa praticamente impossibile, diventando nel giro di venti minuti
qualcosa di indefinito tra crime, drama e merda.
Tutto è superficiale, tutto. E la cosa
che stupisce di più è che Kelly si impegna davvero tanto per
affossare il film: rallenty, colonna sonora oscena e una visione del
mondo gay allucinante in un tripudio di muscoli che guizzano,
bilancieri, canotte e boxer lucidi, il tutto con quell'inconfondibile
sapore eighties e la performance di Slater che riesce in alcuni
momenti a salvare il film in corner con un personaggio complesso e
ben caratterizzato. Infatti è proprio nella convivenza tra due
universi opposti che sembrava potesse evolversi la narrazione del
film. Da una parte abbiamo l'omosessualità oppressa e opprimente di
Stephen (Slater), che nasconde le proprie pulsioni sessuali dietro
un'apparenza borghese. Dall'altra l'esibizionismo eccessivo e
pacchiano della coppia di Franco e compagno che in quanto produttori
meno famosi combattono a suon di ricatti la famosa industria
cinematografica.
Per dirla tutta è un film che personalmente ho
archiviato e quasi dimenticato poche ore dopo averlo visto.
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