Titolo: Aniara
Regia: Pella Kågerman e Hugo Lilja
Anno: 2018
Paese: Svezia
Giudizio: 4/5
Un'astronave che trasporta dei coloni
su Marte viene buttata fuori rotta, costringendo i passeggeri
ossessionati dal consumo a prendere in considerazione il loro posto
nell'universo.
Dalla Svezia arriva uno sci-fi
low-budget di quelli che non si dimenticano. Un vero viaggio
nell'orrore, un film di un enorme impatto emotivo in grado di
metterci di fronte tutte le paure sopite di fronte allo spettacolo e
le incognite dell'universo. Un film disturbante e inquietante,
rivelatore di un dramma profetico per l'attuale situazione in cui
stiamo vivendo fregandocene del domani ma insistendo a distruggere il
presente.
Un film carico di incertezze e di
pessimismo cosmico che non regala nulla, senza dover fare ricorso a
sensazionalismi o happy ending astuti per mettere d'accordo il
pubblico. Qui la profezia è quella dell'autodistruzione, di un
universo in cui sguazzare dove perdiamo completamente le nostre
coordinate, azzerandoci e costretti a reinventarci attraverso
pratiche, filosofie, religioni, orge, esecuzioni. Dove basta un
incidente improvviso, un cambio di rotta, una fuga dal nostro
idilliaco paradiso per far sì che la situazione possa degenerare
nella violenza, nella perdita dei valori e di ogni inibizione. Visto
che bisogna morire in una zona remota da cui è impossibile tornare
indietro tanto vale lasciarsi andare in una sfrenata ricerca del
piacere passionale e di ogni gratificazione possibile.
Un astronave che si perde in una rotta
che sembra non finire mai, un giro attorno ad un pianeta senza poter
mai attraccare, una parabola della morte, della filosofia dell'ansia
che non accenna mai a fermarsi facendoci sprofondare in un limbo di
psicosi.
“Aniara” nome di un poema
fantascientifico scritto nel 1956 dallo svedese Harry Martinson
(futuro Premio Nobel per la letteratura) si divincola dagli altri
film sci-fi moderni, scegliendo una rotta più estrema, azzardando un
discorso molto realistico per un ipotetico futuro, scegliendo infine
una deriva claustrofobica e nichilista che sembra sondare
perfettamente lo stato d'animo di alcuni passeggeri, del capitano,
della protagonista e della fuga dalla realtà dove le persone possono
rivivere le esperienze avute sulla terra dimenticando così
l'imminente morte sul'astronave.
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