Titolo: Irishman
Regia: Martin Scorsese
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 5/5
Frank Sheeran è un veterano della
Seconda Guerra Mondiale e un autista di camion quando incontra l'uomo
del destino, Russell Bufalino, boss della mafia a Filadelfia, che
vede in lui il tratto principale di un buon ufficiale:
l'affidabilità. Le famiglie di Frank e Russell stringono un'amicizia
che va al di là (ma non al di sopra, come vedremo) del business.
Russell è così fiero di Frank che lo presenta a Jimmy Hoffa, il
capo del sindacato dei camionisti, più popolare di Elvis e dei
Beatles messi insieme. Hoffa è vulcanico e brillante, calcolatore e
stratega, ma anche affettuoso e seducente. Frank non è immune al suo
carisma e diventa il suo guardiaspalle, il suo consigliere e, forse,
il suo miglior amico. Il viaggio di questi tre personaggi attraverso
gli Stati Uniti e la Storia americana è la stoffa di cui è fatto il
cinema.
Per fortuna ho avuto la fortuna di
vedere l'ultimo film di Scorsese al cinema in lingua originale
sottotitolato. Dovrei soffermarmi molto sulla bellezza che il cinema
riesce a restituire alle pellicole, di come lo streaming e gli
apparecchi che siano cellulari o televisori non potranno per ovvie
ragioni reggere il confronto. Alla fine l'opera che l'autore ci
mostra è una sorta di personale testamento su una parte della sua
cinematografia (chiude la quadrilogia) mostrandoci un affettuoso
quanto intimo sguardo sulla terza età, il tutto alternato da momenti
di vita di alcuni personaggi quasi come se fosse un film corale. Il
film si apre con un piano sequenza dove il protagonista racconterà
tutta la lunga epopea gangster malinconica ed elegiaca che ci
condurrà alle prese di un politico molto importante, la crew dei
boss malavitosi, la nascita e la rapida crescita di fenomeni politici
e sociali di quel periodo, lasciando da parte l'azione per tessere
invece trame con sotto-testi psicologici e di ampia risonanza sociale
come a far vedere quali siano le complesse strutture anzichè
smantellarle brutalmente. Sembra più codificato con un suo preciso
linguaggio, regole, simbologie e codici.
L'alfabeto del crimine che ci viene
insegnato fin dall'inizio quando Frank dice di dipingere le case
ovvero imbrattare di sangue le pareti
dove uccide le sue vittime. E' solo l'inizio di quel percorso di
adesione e obbedienza ai sommi capi, tutto il film è in fondo una
personale ascesa di Frank ma allo stesso tempo il suo conflitto
interiore con Bufalino, Hoffa e Bruno.
The Irishman è la risposta al PADRINO
di Coppola, dove non è Corleone a parlare ma uno qualsiasi come
Frank, quasi uno sconosciuto e del suo rapporto con uno dei più
importanti esponenti di spicco di Cosa Nostra. Una favola intrisa di
disincanto e dell'umore malinconico di chi ha scelto una strada di
sofferenza, dove non si può mai stare veramente in pace se non con
la morte, riflettendo sugli scheletri del passato, dovendo portare
segreti nella tomba e guardando indietro vedendo solo una scia di
sangue, esecuzioni, lutti e perdite.
Senza stare a chiamare in ballo gli
attori che qui fanno qualcosa di più, alcuni dialoghi durante la
merenda tra Sheeran e Bufalino in italiano al ristorante sono da
storia del cinema per quanto riescano a toccare quegli stati di
grazia, facendoti capire quando in fondo anche questi mercenari
abbiano una loro semplicità che gli contraddistingue, tutta virata
verso il concetto di onore e rispetto ma anche sottile come in alcuni
momenti di vita famigliare.
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