Titolo: Shining
Regia: Stanley Kubrick
Anno: 1980
Paese: Usa
Giudizio: 5/5
Jack Torrance è uno scrittore in crisi
in cerca dell'ispirazione perduta. Per trovarla e sbarcare il lunario
accetta la proposta di rintanarsi con la famiglia per l'inverno
all'interno di un gigantesco e lussuoso albergo, l'Overlook Hotel,
solitario in mezzo alle Montagne Rocciose. L'albergo chiude per la
stagione invernale e il compito di Jack sarà quello di custodirlo in
attesa della riapertura. Nel frattempo, pensa Jack, lui potrà anche
lavorare al suo nuovo romanzo. Con lui, la devota mogliettina Wendy e
il figlioletto Danny, per nulla entusiasta della prospettiva
«Il “fanciullo”, mentre è
consegnato inerme a nemici strapotenti(…),dispone di forze che
superano di gran lunga ogni misura umana. (…)ha una forza superiore
e riesce a farsi valere ad onta di ogni pericolo e minaccia. Egli
rappresenta la tendenza più forte e più irriducibile di ogni
esistente: quella di realizzare se stesso. (…)La tendenza e il
bisogno dell’auto-realizzazione è una legge di natura ed è quindi
una forza invincibile»
C.G. Jung, Prolegomeni allo studio
scientifico della mitologia, 1941, con K.Kerényi
Shining è un cult che a distanza di
decenni non perde una minima parte del suo fascino, risultando sempre
simbolicamente e stilisticamente un quadro perfetto e un miscuglio di
generi complesso e stratificato.
Kubrick rilegge a modo suo il romanzo
di King, infarcendolo di elementi e virandolo verso l'horror e il
mistery. Un film enormemente complesso con una lunga serie di
geometrie simmetriche e tecniche che si deformano all'interno
dell'hotel diventato forse uno dei più famosi al mondo insieme a
quello di Bates.
Una paura e una pazzia figli
dell'isolamento e della claustrofobia. Nicholson a briglie sciolte
seppur esagerando il personaggio confeziona un villain di quelli
indimenticabili. Uno studio incentrato sull'
organizzazione dello spazio e del tempo
che ancora prima di mostrarlo, accenna e fa riferimento all’immagine
del labirinto. Un hotel vuoto che appare gigantesco, privo di
qualsiasi punto di riferimento: corridoi lunghi, ognuno uguale
all’altro, porte chiuse, ascensori minacciosi, quella steadycam che
segue o precede i personaggi, risucchiandoli in uno spazio oscuro.
Il film come l'hotel è una trappola
senza uscita dove i fantasmi del passato emergono per dare sfondo
alla follia più totale che prevalica il personaggio sprofondando il
film verso un incubo angosciante dove a farne le spese sono proprio
la moglie e il bambino.
Un film maledetto, ambizioso,
allucinato e esoterico, pieno di metafore e citazioni letterarie,
dove il regista riafferma ancora una volta come le radici del male
sono insite nell'uomo.
In più proprio le metafore e le
simbologie qui rappresentano altre due importanti tasselli della
poetica di Kubrick, utilizzate per illustrare i tormentati pensieri
del protagonista, un scrittore in crisi dal temperamento
eccessivamente volubile.
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