Titolo: Scappo a casa
Regia: Enrico Lando
Anno: 2019
Paese: Italia
Giudizio: 1/5
Michele è, per sua stessa orgogliosa
definizione, "uno stronzetto viziato egoista" il cui unico
obbligo è "rendersi la vita spensierata a profusione".
L'uomo ha "la pretesa di decidere del suo destino: mica posso
essere me stesso": infatti è un meccanico calvo e senza un
soldo, ma si reinventa sui social ricco seduttore grazie ad un
vistoso parrucchino e ad alcune auto di lusso prese a prestito dai
clienti della sua officina, naturalmente a loro insaputa. Il suo
motto è "I don't give a fuck" e si dichiara favorevole
"alla disuguaglianza ingiustificabile", discriminando
praticamente tutti, in particolare ne(g)ri e immigrati. Ma il destino
cospira contro di lui, e un viaggio di lavoro a Budapest si trasforma
da gita di piacere in incubo: Michele si ritrova senza documenti,
smartphone e auto di lusso, e viene scambiato per un clandestino.
Inizia così il suo calvario fra centri di respingimento più che di
accoglienza e distretti di polizia programmaticamente ostili allo
straniero. I suoi unici alleati saranno un medico e una bellissima
donna africani che vanno in cerca di una vita migliore, invece che
"spensierata a profusione".
Ormai se pensiamo alle commedie siamo
sempre più allo sbaraglio capitanati da una cerchia di
attori/registi/sceneggiatori che andrebbero messi in riformatorio a
guardare i classici del cinema italiano.
Scappo a casa è un film inutile,
difficilmente sopportabile, con un tasso di idiozia e demenza
inarrivabile (certo esiste di peggio nel nostro cinema) e non arriva
mai a dire nulla di valido, sostenere qualcosa che non sia banale e
condito solo da stereotipi (e pure quelli più brutti).
Enrico Lando entra nella top ten dei
registi italiani più immaturi che si siano mai visti nel nostro
cinema, lavorando per cercare di deformare ancora di più la commedia
all'italiana trasformandola in una galleria di volgarità,
pretenziosità e dialoghi di indubbio gusto.
Il tema del razzismo trattato in
maniera inusuale? Scappo a casa di cui si salva forse solo l'ultimo
minuto che non è proprio un happy ending, lascia un comico esperto
come Aldo Baglio senza collare e il risultato e un susseguirsi di
situazioni e mimiche imbarazzanti che stufano dopo pochi minuti. Il
resto degli attori sono squallidi a parte i figuranti di colore che
almeno rimangono se stessi, ma vedere la Finocchiaro stufa e annoiata
probabilmente per l'inconsistenza del suo ruolo non è che la
ciliegina sulla torta di un film che si trascina sforzandosi solo di
avere un montaggio a tratti adeguato.
La parte migliore, se ne possiamo
trovare una, è certamente il primo atto dove scopriamo gli eccessi,
le nuove mode, gli hobby, la solitudine dei social e altri elementi
di certo attuali e sempre più inquietanti nella nostra società per
dare monito di come siamo sempre più popolati da giovani/adulti
immaturi con una scala di valori discutibili. Ancora una volta si
cerca di trattare un tema importante ridicolizzandolo senza mai
dargli sostanza e drammaticità. Quando si cerca di mettere una toppa
lo si fa con qualche momento sdolcinato dove i buoni sentimenti
cercano di sopraffare lo spettatore, il quale ormai dovrebbe essere
stanco di questi trucchetti da quattro soldi.
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