Titolo: Hill House
Regia: Mike Flanagan
Anno: 2018
Paese: Usa
Stagione: 1
Episodi: 10
Giudizio: 5/5
La serie racconta la storia di un
gruppo di fratelli che, da bambini, sono cresciuti in quella che in
seguito sarebbe diventata la casa infestata più famosa del paese.
Ora adulti e costretti a stare di nuovo insieme di fronte alla
tragedia, la famiglia deve finalmente affrontare i fantasmi del loro
passato, alcuni dei quali sono ancora in agguato nelle loro menti,
mentre altri potrebbero nascondersi nell'ombra.
Hill House è una delle più belle
serie tv in circolazione nel prima, nell'oggi e nel domani.
Il perchè credo sia Mike Flanagan.
E a conti fatti credo che sia una delle
uniche serie televisive che rivedrò più avanti.
I perchè sono molti. In dieci episodi
c'è la dimostrazione di un impegno, una voglia e un amore per il
cinema tali che hanno permesso un mezzo miracolo in tempi dove ormai
le serie sono parecchio inflazionate e soprattutto per chi come me
pur venerando l'horror non ama particolarmente i fantasmi ma ama alla
follia i dettagli e qui c'è ne sono una valanga.
Il vangelo da cui è tratta la serie
viene praticamente citato quasi sempre e lei Shirley Jackson diventa
l'anima nel libro a cui hanno provato a cercare di omaggiarla nel
cinema con risultati altalenanti dall'immenso film di Wise a quella
mezza ciofeca di HAUNTING.
Per fare un esempio della differenza.
HAUNTING era mainstream, commerciale e puntava sugli effetti visivi.
Flanagan è indie, autore e cura i dialoghi.
Flanagan picchia duro e lo fa usando
come un burattinaio la dose di dettagli e colpi di scena, i jump
scared e i momenti in cui la nostra capacità di elaborare verrà
meno perchè colpita sotto la cintura.
Mentre mi abbandonavo alla serie
(guardatevela se riuscite nel giro di poco tempo, o se siete dei
nerd, in due giorni di filato come il sottoscritto perchè altrimenti
non ha senso che la vediate) ho cominciato a elencare quali universi
gravitano nella testa di Flanagan (ma come mai poi mi ha ricordato
così tanto IT per come mette insieme la famiglia da piccoli e poi da
adulti, il romanzo e la mini serie del maestro del brivido che tra le
altre cose è rimasto innamorato della serie e ha definito Flanagan
un genio ) e partendo da alcuni suoi film ho notato le tracce e i
fili invisibili che possono essere comparati tra il prima e il dopo e
che qui trovano la loro essenza.
Certo che dopo un lavoro di scrittura
enorme come questo e la saggezza di portare indizi e misteri in
maniera ponderata e mai fuori percorso mi auguro tutto il meglio e
che l'autore sappia e continui a gestire in maniera così meticolosa
tutti gli ingranaggi di una storia dove il presente e il passato si
intrecciano continuamente con un lavoro di flash back sublime e mai
pedante o macchinoso.
La paura non aspetta e fa capolino
quasi subito con pochi ma eccellenti personaggi dalla donna col collo
storto all'uomo alto e senza non poter annoverare la stanza rossa o
altri particolari che non starò a spoilerare. Entrambi non vengono
quasi mai chiamati in causa, si sentono, si percepiscono sempre, ma
l'ansia è data proprio dal centellinare per alcuni aspetti la loro
presenza riuscendo il più delle volte a far assaporare la paura,
imprigionandola per un istante, quando poi non viene nemmeno mostrata
(una dote e una capacità rara nella settima arte) e anche e
soprattutto perchè la vera paura è proprio Hill House.
Maschere nascoste, scatole contenenti
"sorprese", libri mastri, ciondoli, chiavi, già solo per
quanto concerne gli oggetti magici ci sarebbe da fare un discorso a
parte e poi non si perdono i riferimenti per quanta roba ci viene
consegnata e sbattuta in faccia, tutto elaborato con una cura che se
non lo sapessi penserei addirittura che Flanagan è andato a viverci
lì dentro per parlare con i suoi demoni e farsi dare dei
suggerimenti.
E'stato fatto un lavoro di casting
incredibile e il risultato diventa ovvio fin dal primo episodio.
La bellezza e la bravura delle donne
(che rubano la scena a tutti gli uomini) in questo caso si supera e i
nomi diventano un terno al lotto a meno che non vi segnate o non li
impariate a memoria fin da subito. La location come gli attori
diventa la vera protagonista riuscendo a far impallidire anche
Crimson Peak.
Uno stile quello del regista che avanza
lento e inesorabile senza fretta e senza mai essere invadente e
soprattutto non cade nel facile tranello del jump scared quello
tipicamente sfruttato negli horror americani fatto di volume e
cazzate usato come concime quando non si hanno idee.
Qui certo che ci sono ma non hanno di
certo quella funzione (basta vedere i film del regista per capire
dove attacca maggiormente e come intende lui il rapporto e la
vicinanza con l'orrore).
Ogni episodio poi è inquadrato su uno
dei personaggi, particolarità che ho trovato funzionale per cercare
di inquadrare un pezzo di storia alla volta e ambientandola nei vari
passaggi temporali.
Senza parlare di come ad esempio il
nome dei genitori dei bambini veniamo a scoprirlo quasi alla fine
della serie, in particolare il nome della madre, elementi che hanno
una loro precisa funzione.
Rimedierò alle lacune andandomi a
recuperare i libri di Shirley Jackson, perchè dopo questa saga è
doveroso e opportuno farlo come spesso il cinema riesce facendo
collegamenti con le altre arti.
Spero non vi dimentichiate della
dolcezza e della fragilità di Nell (quando torna nella casa si
toccano vette molto alte), la furbizia e i poteri di Theo, la forza e
la tenacia di Shirley, la paura e la freddezza di Steven, il sorriso
e la sensibilità di Luke, il potere della dea madre Liv e la
spericolata voglia di risolvere sempre tutto di Hugh.
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