Titolo: Visit
Regia: M. Night Shyamalan
Anno: 2015
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
La quindicenne Rebecca raccoglie in
video le confidenze della mamma, che racconta come a 19 anni si sia
innamorata, contro il volere dei genitori, di un insegnante. Qualcosa
di grave ha causato una rottura permanente con i suoi che solo ora,
dopo 15 anni, l'hanno rintracciata e hanno espresso il desiderio di
vedere i due nipoti, Rebecca e il tredicenne Tyler. I ragazzi sono
d'accordo e quindi la mamma, lasciata dal marito e con un nuovo
compagno, ne approfitterà per andare a divertirsi con lui in una
breve crociera. Tutto questo è solo l'inizio di un documentario
amatoriale che Rebecca intende girare sulla visita ai nonni, che non
ha mai visto. Vorrebbe conoscere il motivo della rottura dei
rapporti, ma la mamma non glielo dice: saranno i nonni, se
riterranno, a dirlo ai nipoti. I nonni si rivelano gentili e li
portano nella loro grande casa, tra i boschi e la neve. Ma ben presto
sotto la superficie della calorosa accoglienza si aprono le crepe
prodotte da comportamenti strani e inquietanti che, giorno dopo
giorno, mettono i ragazzi alle prese con una situazione misteriosa e
pericolosa.
Shyamalan non se la sta passando bene e
il suo cinema diventa lo specchio dell'anima del regista.
Il problema di fondo di The Visit è
proprio legato al soggetto più che alla messa in scena.
Pur essendo un mockumentary con errori
grossolani di sceneggiatura (le solite scelte di camera e
inquadrature avvolte nel mistero) oltre che di passaggi tecnici e
tanto altro ancora.
Proprio questo sotto-genere è
diventato a tutti gli effetti una "moda" commerciale
inutile e spesso patetica, soprattutto quando non si ha nulla da
mostrare e la storia appare un pretesto per dar luce a un inutile
prodotto di marketing. Sono passati troppi anni da quando poteva
cercare di essere un valore aggiunto e creare quell'indiscutibile
suspance di fondo facendoci diventare ancora più parte attiva dello
spettatore. THE BLAIR WITCH PROJECT oppure a V/H/S o CRONICHLE, WHAT
WE DO IN THE SHADOWS, LAKE MUNGO, TROLL HUNTER, DIGGING UP THE
MARROW, EXIT THROUGHT THE GIFT SHOP.
Certo è diventata anche la scelta
funzionale di molti registi al loro esordio per ragioni legate ad un
low-budget di fondo.
In questo caso i carnefici sono anziani
e pure psichiatrici.
Una scelta che non ho apprezzato perchè
la trovo di bassa lega e su cui il regista poteva almeno cercare di
trovare una deriva che fosse accettabile e che ponesse la malattia e
il disagio psichiatrico con un po più di nobiltà e serietà
d'intenti.
Senza nulla togliere ad alcuni momenti
in cui i nonnetti e soprattutto lei, riescono a creare quella
tensione palpabilissima e potente, con alcune immagini di sicuro
impatto visivo, ma che purtroppo soccombono di fronte ad uno script
traballante, in cui a parte il colpo di scena dei veri nonni che
assale completamente lo spettatore (certo magari qualcuno aveva giù
avuto il sentore di chi realmente si nascondesse in quella casa)
tutto il resto procede in modo molto schematico e prevedibile.
Con dei nonni molto bravi e credibili
lo stesso non si può dire dei nipoti. Forse la scelta era voluta
così come ad un tratto viene quasi da prendere le parti dei nonnetti
con questi nativi digitali in fondo solo interssati a filmare da
dietro le telecamere chi hanno di fronte ma senza la voglia o
l'interesse di guardarle negli occhi.
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