Titolo: Youth-La giovinezza
Regia: Paolo Sorrentino
Anno: 2015
Paese: Italia
Giudizio: 4/5
Fred e Mick sono due amici da
moltissimo tempo e ora, ottantenni, stanno trascorrendo un periodo di
vacanza in un hotel nelle Alpi svizzere. Fred, compositore e
direttore d'orchestra famoso, non ha alcuna intenzione di tornare a
dirigere un'orchestra anche se a chiederglielo fosse la regina
Elisabetta d'Inghilterra. Mick, regista di altrettanta notorietà e
fama, sta invece lavorando al suo nuovo e presumibilmente ultimo film
per il quale vuole come protagonista la vecchia amica e star
internazionale Brenda Morel. Entrambi hanno una forte consapevolezza
del tempo che sta passando in modo inesorabile.
Quand'è che Fred e Mick andrano
finalmente a svuotare la vescica?
Sorrentino è uno dei pochi nomi del
nostro paese che continua a farci fare bella figura fatta eccezione
per THIS MUST BE THE PLACE, unico neo che stona con una filmografia
indovinata.
Bisogna essersi onesti, come regista è
davvero "ricco" di talento.
Ricco perchè l'unico rammarico che
accadeva anche per il suo precedente capolavoro, LA GRANDE BELLEZZA,
è l'idea che il regista voglia ammaliarci con inquadrature
straordinariamente perfette ed eleganti, uno stile tecnico che
sembrava impossibile ma continua a sorprendere ancora di più, una
sovrabbondanza di immagini e di riferimenti, ma dall'altra parte,
danno vita ad un cinema che non è più strettamente narrativo.
Youth è solo l'ennesima conferma di un
percorso artistico che spero ci regali ancora svariati film.
Commovente, poetico, elegante, ironico,
colto, tecnicamente minimale, riesce nel giro di due ore a creare un
universo creativo con immagini di una "grande bellezza"
abbagliante.
Un film quasi commovente che nella
falsa pista di girare su se stesso in una Spa lussuosa, apre un
vortice di sottostorie, alcune rese struggenti e poetiche, altre
quasi prevedibili, riuscendo a trovare una risposta, quando c'è, a
innumerevoli dubbi universali che colpiscono i personaggi, tutti a
loro modo ritirati dalla scena e da se stessi.
Ritorna ai suoi fasti tutta la
malinconia che emerge dal volto del regista e che qui dedicando a
Rosi, sembra quasi ricordarmi per certi versi Fellini, creando
diverse generazioni e costellandole di fragilità adorabili e
pulsanti.
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