Titolo: Suburra
Regia: Stefano Sollima
Anno: 2015
Paese: Italia
Giudizio: 3/5
12 novembre 2011. Silvio Berlusconi
rassegna le sue dimissioni da Presidente del Consiglio. La storia di
Suburra, basato sul romanzo omonimo di Giancarlo De Cataldo e Carlo
Bonini, comincia sette giorni prima, immaginando che proprio allora
Papa Ratzinger prenda la storica decisione di abbandonare il ruolo di
pontefice. Il film è dunque incorniciato da due abbandoni "paterni",
è dedicato da Stefano Sollima al padre Sergio, e racconta l'assenza
(o la defezione) delle figure maschili di riferimento nella società
italiana, attraverso le avventure di un gruppo di uomini cui viene
continuamente ripetuto di non essere all'altezza del proprio
genitore.
Suburra prima di tutto è un film da
guardare con gli occhi del cinema e non della realtà.
Un western metropolitano con tanta
azione, un accordo funzionale con la Netflix,
uno schema corale che in due ore vuole
comunicare e spettacolarizzare molti momenti, tutti legati in un arco
temporale, prima di esplodere in un finale che sembra ricordare
alcuni libri di Ammaniti.
Suburra è quel tentativo di puntare e
giocare su un terreno "fertile" del cinema di genere che è
il gangster-movie, fumettizzandone i modi e i caratteri e
evidenziando solo il sistema di potere partendo dalla rivoluzione dei
pesci piccoli, da quelli di Ostia, agli zingari di Casamonica, la
cosiddetta "quinta mafia" ovvero quella romana di Mafia
Capitale.
Dedicato al padre Sergio Sollima
(CITTA'VIOLENTA, IL DIAVOLO NEL CERVELLO, REVOLVER) significa tanto e
tanto il figlio sembra aver imparato dal padre e da quel giro di
amicizie ancorate al cinema di genere italiano, che sembra ora in una
piccolo momento di rinascita, anche se quasi per assurdo solo nelle
mani della capitale.
Sono però purtroppo anche molte le
esagerazioni su cui a mio parere pubblico e critica hanno gridato
entusiasti, dal cast misurato e nulla più (il samurai sono venuto a
sapere che era un ex componente della Banda della Magliana ma nel
film è difficilissimo da capire), fino al finale purtroppo troppo
americano e scontato e allo stesso tempo inverosimile spezzando
quella sorta di continuità grottesca e nostrana invece verosimile
seppur forzata e portata alle estreme conseguenze.
La scena di Malgradi all'inizio
nell'hotel con le escort rimane ancora adesso la più forte e la più
inquietante dando proprio quella sensazione di laido e di
completamente accessibile, che sembra, anche se in una
microcomponente portare alle feste Bunga Bunga etc.
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