Titolo: Michael
Regia: Markus Schleinzer
Anno: 2011
Paese: Austria
Giudizio: 4/5
Michael, 35 anni, lavora in una società
assicurativa in cui è considerato un dipendente affidabile. Vive da
solo in una villetta a schiera e incontra molto raramente la madre e
la sorella a cui racconta di avere una compagna in Germania. Michael
non ha una compagna oltre confine. Ha invece un bambino di 10 anni
chiuso nello scantinato insonorizzato della sua abitazione che tiene
prigioniero e di cui abusa sessualmente.
Michael è a tavola. Guarda di fronte a
lui il bambino/vittima prescelta che mangia e cominciando a ridere si
tira fuori il cazzo.
M-"Questo è il mio coltello e questo è il mio cazzo. Quale dei
due devo ficcarti dentro?"
B-"Il coltello"
Fedele adepto di Haneke, Schleinzer se
ne esce con un concentrato minimale di pura cattiveria, senza
ricorrere quasi mai alla violenza fisica ma lasciando tracce
indelebili difficili da rimuovere in un film d'autore lento e
impressionante. Sceglie un uomo medio qualsiasi, una di quelle
persone di cui non si sentirà mai la mancanza e che vivono nascoste
senza volersi far conoscere dal resto della società.
E'un film molto complesso e psicologico
quello del regista austriaco, in cui il rapporto tra vittima e
carnefice si consuma in modo continuativo, facendo in modo che l'odio
e lo sconforto vengano a tratti sostituiti da un barlume di fiducia,
come terreno fertile, carta d'identità di ogni pedofilo che si
rispetti.
Eppure è un mostro diverso dagli
altri, che la caratterizzazione cerca quasi, ma senza riuscirci, di
comprendere mostrando le umane debolezze con Michael che gioca e
nutre il bambino in fondo cercando di volergli "bene" e
dall'altra parte tenendo in scacco lo spettatore rendendolo partecipe
di una liberazione. Un bene che non può esistere e che destruttura
completamente la fisiologia e lo sviluppo della vittima.
Di troppi bambini scomparsi non si
parla e chissà quanti potrebbero essere testimonial di drammi così
viscerali come quello descritto dal regista con pochissimi dialoghi e
insistendo a più riprese su alcuni dettagli. Eppure non cerca mai il
sensazionalismo banale, non esagera mai con la portata delle immagini
se non in qualche occasione.
Il finale è straziante.
Nessun commento:
Posta un commento