Titolo: House that Jack Built
Regia: Lars Von Trier
Anno: 2018
Paese: Danimarca
Giudizio: 4/5
Usa Anni '70. Jack è un serial killer
dall'intelligenza elevata che seguiamo nel corso di quelli che lui
definisce come 5 incidenti. La storia viene letta dal suo punto di
vista che ritiene che ogni omicidio debba essere un'opera d'arte
conclusa in se stessa. Jack espone le sue teorie e racconta i suoi
atti allo sconosciuto Verge il quale non si astiene dal commentarli.
Sbaglio o Von Trier sta piano piano
diminuendo il tasso di violenza presente nei suoi film.
Sembra un assurdo ma mi sembra proprio
che le storie siano sempre più indirizzate sulla descrizione del
microcosmo in cui vivono i personaggi e non invece il mondo esterno
da cui è meglio stare alla larga. Allora è meglio costruirsi una
sorta di tana, di caverna, di rifugio fatto con i corpi delle persone
dove nascondersi e raggiungere l'Ade, il centro della terra, il
paradiso che forse tutti venerano perchè dimostra di non essere poi
così noioso.
Le opere di Lars Von Trier non lasciano
scampo. Volente o no, sono esperienza che cambiano, che ti
sconvolgono, che ti lasciano qualcosa prima di dilaniarti e poi
quando hai smesso di vederle dopo giorni e giorni vengono a bussarti
alla porta con l'espressione da pazzo furioso che solo un attore
pazzo come Dillon può regalare in questo modo.
Un'opera che si prende i suoi tempi,
racconta ciò che vuole come gli pare, non ha nessuna regola da
seguire ma si sviluppa con l'umore variabile del suo indiscusso
autore centrando il bersaglio.
In un'epoca sempre più promotrice del
remake, della mancanza di originalità, dei film fatti per piacere
agli stessi registi, per compiacere il pubblico, in anni dove
l'estetica ha preso il posto della storia ovvero il cuore del film,
abbiamo un Jack post contemporaneo che sfugge ad ogni sorta di
decifrabilità per fare semplicemente ciò che gli pare seguendo un
suo iter a tratti bizzarro.
I traumi sembrano essere il vaso di
Pandora del regista da cui emerge sempre tutto e in quanto tali,
bisogna soffermarsi inquadrarli, guardarli attentamente, dando nomi e
cercando di analizzarli rimanendo però distanti per non farsi male.
Le opere dell'autore sono dei transfert
psicoanalitici, in grado di generare dubbi e paure, di ampliare
fenomeni complessi e ridicolizzare i buoni costumi o la morale di una
società sempre più senza valori.
Lars Von Trier è uno dei registi più
capaci, violenti e complessi della sua generazione. A parte qualche
deviazione non sbaglia mai e la risposta è perchè ha molto da dire
al di là di come venga recepito da pubblico e critica.
Dimenticavo l'addio di Bruno Ganz in questo film davvero fondamentale
Questo film è straordinario, rigoroso,
essenziale, malato, ipnotico, celebrale, stralunato, folle,
maniacale, ossessivo, perciò ancora una volta la risposta è: Sì.
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