Due fratelli, Martha e Felix, figli del serial killer noto come “Il macellaio di Mons”, fingono di condurre una vita normale quando in realtà sono vittime di un rapporto perverso e sadico con i silenzi e i demoni del passato.
Sano e dirompente gore a fiumi in un film che riprende quella tradizione belga e francese di saper dimostrare di essere tra i primi della fila quando si vuole fare male e colpire duro.
Un film scomodo, disturbante, grottesco, malato e immorale con una una desamina sul rapporto tra vittima e carnefice e tra cosa è lecito oppure no. Martha è i soprusi che vive giornalmente a lavoro in una società misogina e patriarcale. Felix e il suo silenzio e il bisogno di riprendere quella serialità compiuta dal padre. In tutto ciò una villa dove dentro accadono abomini strazianti.
Tortura, cannibalismo, brutalità malsana, sadismo estremo, atmosfere malate e viscerali, violenza senza eguali, opprimente condizione di disagio e di depressione, psicologie perverse e rapporti malati e desideri sopiti. Ci sono sogni di orgie di sangue e un rapporto e un attaccamento evitante ambivalente, familiare disfunzionale e tutto ciò che ne consegue se portato agli eccessi.
Il film di Ouelhaj è anche se vogliamo un film politico sulla vendetta della violenza sulle donne e di come Martha e Felix per vendicarsi degli abusatori di lei arrivino a pensare un piano raccapricciante. Il film è la prima parte di una trilogia sociale (composta anche da Le Repas du Singe e Une réalité par seconde). Un film viscerale in tutti i versi dove Martha nonostante gli omicidi del fratello è importante che continui ad andare a lavorare per non destare sospetti, dove un'assistente sociale si espone troppo fino a lasciarci la pelle, dove la scelta delle vittime non nasce da particolari criteri ma solo dal bisogno di uccidere. Dal punto di vista estetico, il regista e il suo direttore della fotografia François Schmitt compongono una successione di quadri gore sublimi quanto ripugnanti, memorabili e affascinanti.
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