Titolo: Gangs of London
Regia: Gareth Evans
Anno: 2020
Paese: Gran Bretagna
Stagione: 1
Episodi: 9
Giudizio: 3/5
Londra. Città enorme e multietnica,
dove vivono e convivono varie comunità, ognuna con le proprie regole
e i propri rituali. Città viva e pulsante, con diverse etnie e
milioni di storie, ognuna con un bagaglio storico e culturale capace
di pesare addosso alle persone, condizionandone l’esistenza. In uno
dei tanti quartieri popolari, si consuma l’assassinio di Finn
Wallace, capo di una delle più potenti famiglie criminali della
capitale. La sua morte lascia un vuoto di potere e apre una caccia
che si trasforma ben presto in un bagno di sangue e in una lotta tra
le varie fazioni. Sarà compito dei vari membri della dinastia,
portare avanti le attività di famiglia, sopravvivendo a quanti
vorrebbero sommergerli.
Sempre più spesso registi acclamati
dal pubblico più che dalla critica provano a immergersi nelle serie
tv, spesso con un'unica stagione auto conclusiva.
Evans lo conosciamo tutti per aver
ridato enfasi al genere delle arti marziali con film tosti e
particolarmente violenti. La sua peculiarità, che non fa eccezione
in questa serie, è quella di arrivare subito al punto senza perdersi
in dialoghi angusti ma colpendo duro e in maniera inaspettata.
Gangs of London è composta di nove
episodi e dobbiamo aspettare la fine del quarto con quel cecchino
impazzito per vedere un salto in avanti nel ritmo, nell'azione e nel
montaggio e soprattutto nella carneficina che da quel punto in avanti
sarà un massacro senza eguali.
Prima c'erano una serie di rapporti e
gerarchie da incasellare mettendo insieme inglesi, albanesi,
pakistani, rom, nigeriani, irlandesi e contractors. Un calderone
impazzito dove per fortuna almeno un personaggio per gruppo riusciva
a dare il meglio di sè con le dovute eccezioni in cui a farla da
padrone rimangono Luan Dushaj, Kinney Edwards e la moglie di Liff
Ansen.
Pur non amando la serialità, al di là
di alcuni ingredienti che mi solleticavano la curiosità, c'era la
complicità di due nomi importanti come Fabrice Du Welz e Xavier
Gens.
La trama per fortuna per quanto apra
una successione di porte riesce a mantenersi coerente dipanando una
storia che non può essere originale ma trova la sua componente nei
tradimenti, doppi giochi, sotterfugi e segreti in un crescendo che
porterà ad un climax finale originale e inaspettato.
Nella sua coralità e in tutte le
maestranze coinvolte per etnie e giochi di potere la serie rischiava
di eccedere con tutta la carne al fuoco ma invece pur con un ritmo
che nella prima parte risulta abbastanza lenta e con troppi dialoghi,
dalla metà diventa azione a profusione con stragi e massacri davvero
confezionati ad hoc e ora vi rimando i momenti migliori della
stagione a partire dal covo di tossici omosessuali dove trascorre il
tempo Billy, il genocidio al campo rom, la strage del cecchino,
l'uccisione del ragazzo di Lale in Pakistan, l'attacco dei
contractors nella casa in tutto il quinto episodio (il punto più
alto), la tortura della moglie di Liff Ansen nell'episodio sei, la
discussione con Wallace Dumati nell'episodio sette, e poi forse una
citazione involontaria di Hyena con quella strage dei nigeriani a
colpi di machete contro i funzionari di una banca che rappresentano
il patrimonio dei Wallace e dall'altra la vendetta decisamente
esagerata di Luan che da solo stermina tutto il gruppo degli stessi
nigeriani come a siglare che gli albanesi sono sempre i più spietati
e pericolosi ovunque si trovino.
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