Titolo: Lowlife
Regia: Ryan Prows
Anno: 2017
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
Le sordide vite di un
tossicodipendente, di un ex detenuto e di un lottatore si scontrano
tra loro.
Tra Jodorowski e Dupieux, l'indie di
Ryan Prows è davvero una piccola chicca interessante.
Un film che dentro ha un'amore per il
cinema e un desiderio di mettercela tutta che sembra suggerirtelo
minuto dopo minuto.
Un film dove dentro c'è la passione,
la voglia di creare e credere in qualcosa di difficile ma di
possibile e quindi senza avere un grosso budget riesce a misurarsi
bene con ciò che possiede e parlo ovviamente dei mezzi contando
comunque l'ottima messa in scena.
Un film che arriva dritto dritto dai
festival di quelli che stai pur certo che non ti capiterà mai di
vedere a meno che tu non sia un soggetto con una dipendenza forte da
cinema.
Tra ironia, scene splatter, vuoti di
memoria che portano le persone a fare cose o a svegliarsi
imbracciando arti di persone, inseguimenti che fanno morire dal
ridere, il film corale di Prows è di sicuro qualcosa di non
convenzionale intuibile già dal mix di generi passando dal Mostro,
un disgraziato wrestler messicano che lavora come scagnozzo al saldo
di un boss a Cystal, una tossicodipendente che è alla disperata
ricerca di un rene nel mercato nero degli organi per salvare la vita
di suo marito e infine Randy, appena uscito dal carcere.
Un PULP FICTION dei poveri verrebbe da
dire ma averne di film del genere. Tanto di cappello
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