Titolo: Dogman
Regia: Matteo Garrone
Anno: 2018
Paese: Italia
Giudizio: 4/5
Marcello ha due grandi amori: la figlia
Alida, e i cani che accudisce con la dolcezza di uomo mite e gentile.
Il suo negozio di toelettatura, Dogman, è incistato fra un "compro
oro" e la sala biliardo-videoteca di un quartiere periferico a
bordo del mare, di quelli che esibiscono più apertamente il degrado
italiano degli ultimi decenni. L'uomo-simbolo di quel degrado è un
bullo locale, l'ex pugile Simone, che intimidisce, taglieggia e
umilia i negozianti del quartiere. Con Marcello, Simone ha un
rapporto simbiotico come quello dello squalo con il pesce pilota.
Dogman fa ben sperare. Un nerissimo
western suburbano della periferia romana come non si vedeva da tempo.
Garrone è davvero uno dei talenti del nostro cinema. E parlo per la
sua natura complessa, dinamica e anti commerciale capace di passare
da un genere all'altro senza grosse difficoltà.
I risultati spesso vengono considerati
deludenti come il bellissimo IL RACCONTO DEI RACCONTI che non è
proprio stato capito da pubblico e critica.
Questo Dogman forse per il suo taglio
più action dove sembra siglare la differenza di genere tra riscatto
e vendetta e articolando la vicenda e la trama potrà certamente
risultare più commerciale rispetto al fantasy per adulti.
Prendendo spunto dalla tremenda vicenda
del Canaro della Magliana, Garrone racconta la complessa psicologia
di un uomo comune che come tanti si trova a dover cambiare
drasticamente la sua vita a costo di soccombere e accettare dunque di
diventare l'agnello sacrificale, la vittima, il capro espiatorio dove
tutti vanno a sfogarsi e su cui tutti scaricano le proprie
frustrazioni.
Da questo punto di vista il film è
splendido e lucido nell'esaminare questo humus di persone imbruttite
dalla povertà, dalla corruzione e dall'evasione fiscale.
Una Roma ancora diversa dalle ultime
serie famose o dai film che ultimamente raccontano le gesta criminali
della capitale.
Qui è tutto più serio, più terra
terra, più neorelistico. Sembra di sentire l'eco che proviene dalla
grande tradizione del cinema italiano e che Garrone conosce e
sicuramente porta con sè.
Grazie poi a dei volti magnifici che
sono il vero ritratto della quotidinaità del nostro paese e della
semplicità e povertà che da sempre raccontiamo così bene viene da
dire che ci troviamo di fronte ad una grande lezione di cinema per un
film che spero non venga di nuovo sottovalutato o sintetizzato come
un revenge movie italiano.
L'opera di Garrone è qualcosa di molto
più dilatata e complessa.
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