Titolo: Deephan
Regia: Jacques Audiard
Anno: 2015
Paese: Francia
Giudizio: 4/5
Dheepan deve fuggire dalla guerra
civile dello Sri Lanka e per farlo si associa con una donna e una
bambina. I tre si fingono una famiglia e riescono così a scappare e
rifugiarsi nella periferia di Parigi. Anche se non parlano francese
nè hanno contatti. Trovati due lavori molto semplici (guardiano
tuttofare e badante) i due scopriranno la vita da periferia, le bande
e le regole criminali che vigono nel posto che abitano. Quando
arriverà inevitabile lo scoppio della violenza e degli spari
occorrerà prendere una decisione, se rimanere insieme o separarsi.
I drammi che narrano vicende legate ai
migranti, la loro integrazione e le storie circa il loro percorso
personale non sono molte.
In particolare quelle legate alle tigri
dello Sri Lanka, guerriglieri che combattono per la liberazione dei
Tamil, e la loro tormentatissima storia.
Deephan è un film tipicamente francese
in tutto e per tutto.
Audiard è un regista molto importante
che sa sicuramente come sposare e mescolare bene tutta una nutrita
serie di elementi. Il punto di forza del suo ultimo film vincitore a
Cannes nel 2014, è quello di esaminare un microcosmo, allargarlo
alle banlieu parigine e infine dare una svolta (forse un po troppo
esagerata) senza mai cadere nella prevedibilità delle scelte
narrative.
La contaminazione arriva proprio dai
generi, partendo come un film sul sociale ma senza essere canonizzato
a tutti gli effetti, per poi diventare un dramma con un finale
d'azione che forse non ci si aspettava (nel bene e nel male). Il
dualismo amore/violenza ritorna feroce, mai scontato ma disperato,
come capitava anche per IL PROFETA.
Funziona meglio nella prima parte,
soprattutto quando esamina il percorso e le fragilità del nucleo
familiare improvvisato. Pur essendo un amante dell'action, ho trovato
davvero esagerato il finale con la vendetta di Deephan che sembra a
metà tra il GIUSTIZIERE DELLA NOTTE e DRIVE, e soprattutto
nell'epilogo che sembra voler riportare ad una tranquillità troppo
inverosimile.
Nonostante questi dubbi e il fatto di
essersi fatto prendere la mano, Deephan dalla sua ha una messa in
scena impeccabile, un manipolo di attori sconosciuti e funzionali, un
ritmo straordinario oltre che essere radicato al reale con una
complessità e dei sentimenti di fondo e negli intenti molto intensi.
E' in più in moltissime scene da un
quadro perfetto della quotidianità dei clandestini e la loro lotta
per la vita e la sopravvivenza.
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