Titolo: D-Tox
Regia: Jim Gillespie
Anno: 2001
Paese: Usa
Giudizio: 2/5
Malloy è un agente dell'FBI di
Chicago, alle prese con l'ennesimo serial killer che per una volta
non uccide prostitute ma poliziotti. Fa una sola eccezione, la donna
di Malloy, che viene straziata in maniera orrenda. Il killer viene
poi trovato impiccato a sua volta. L'agente tenta il suicidio.
Salvato, viene "ricoverato" in una clinica per poliziotti
psichicamente compromessi, un edificio agghiacciante che sembra un
sottomarino, immerso nelle nevi del Wyoming. I "pazienti",
tutti stranissimi e insospetttabili, cominciano a morire.
D-Tox è un film purtroppo molto brutto
quando al suo interno aveva un paio di idee che potevano essere
decisamente sfruttate meglio come il killer dei poliziotti e la base
dove vanno a disintossicarsi e tutti quei profili di agenti così
diversi tra loro.
Pur avendo un antagonista che uccide
senza indugi anche la compagna del protagonista nel primo atto, D-Tox
rivela presto l'identità dell'assassino, finisce per diventare
abbastanza prevedibile e tortuoso nel climax finale e nell'ultimo
atto, decisamente il peggiore del film seppur quello con più azione
diventa addirittura lento e sconclusionato.
La galleria di attori vede qualche
faccia decisamente smarrita che non sembra credere nel progetto o
meglio in ruoli così incredibilmente stereotipati come Robert Patric
o Tom Berenger e per non parlare di Stallone che sembra svogliato e
con la testa e gli intenti da tutt'altra parte.
L'ambientazione e la fotografia, tra il
bianco delle bufere di neve e il grigio metallico dell'edificio, sono
forse la parte migliore assieme alla location e di una suspense che
riesce a coinvolgere solo all'inizio per affievolirsi assieme
all'intelligenza e all'abilità narrativa.
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