Titolo: First Love
Regia: Takashi Miike
Anno: 2019
Paese: Giappone
Giudizio: 4/5
Leo è un pugile di poche parole ma dal
pugno pesante: quando scopre di avere un tumore al cervello diviene
preda dello sconforto. Monika è prigioniera della yakuza, che la
obbliga a prostituirsi e l'ha resa tossicodipendente, costantemente
in crisi di astinenza. I due si trovano coinvolti in un complotto che
li porterà a scontrarsi con un variegato gruppo di personaggi,
corrispondenti ad altrettante forme di insana bizzarria: un emissario
della yakuza stessa, un poliziotto corrotto, un killer delle triadi
cinesi con un braccio solo e così via, con crescente tendenza
all'eccesso.
Miike Takashi ormai è in grado di
padroneggiare qualsiasi tecnica e genere. Il suo cinema da sempre ha
una firma che ormai dopo quasi 100 film è impossibile non
riconoscere nei suoi lavori e nella sua tecnica.
Mi aspetto soltanto più un film
d'animazione ultra violento e poi raggiungo la pace dei sensi.
First Love è una vera bomba, una via
di mezzo tra Yakuza Apocalypse ma meno estremo e Like a Dragon ma
meno fumetto. Perchè il film parte come una storia d'amore, ma poi
attraversa come uno sguardo nostalgico quasi tutti i generi del
maestro giapponese dove la yakuza gioca sempre un ruolo
preponderante, ma stando al passo coi tempi ci sono anche i cinesi da
tenere a bada. Complotti, tradimenti, voltafaccia, doppi giochi,
stragi come non se ne vedevano da tempo (quella finale poi tutta
girata nel magazzino sembra Free Fire ma con l'aggiunta di arti
mozzati, katane, molte più donne e ogni genere di arma possibile).
First Love si prende sul serio, ci parla di loser, di una fragilità
nei rapporti sociali soprattutto tra i giovani, mescola e infarcisce
tutto con il cocktail di trovate interessanti in un ritmo frenetico,
violento, ma anche molto ironico.
Si prende qualche virtuosismo che
sfocia nel paradosso con la scena della macchina finale, mostra capi
yakuza ormai stanchi (forse come comincia ad esserlo Miike) cresciuti
assieme all'autore che ha saputo trattare le loro gesta disperate in
alcuni autentici capolavori.
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