Titolo: Selfie
Regia: Agostino Ferrente
Anno: 2019
Paese: Italia
Giudizio: 4/5
Alessandro e Pietro sono due sedicenni che vivono nel
Rione Traiano di Napoli dove, nell'estate del 2014 Davide Bifolco, anche lui
sedicenne, morì ucciso da un carabiniere che lo inseguiva avendolo scambiato
per un latitante. I due sono amici inseparabili. Alessandro ha trovato un
lavoro da cameriere in un bar mentre Pietro, che ha studiato per diventarlo,
cerca un posto da parrucchiere. I due hanno accettato la proposta del regista
di riprendersi con un iPhone raccontando così la loro quotidianità di ragazzi
come tanti altri nel mondo.
«Ho pure provato a spacciare ma non è cosa mia»
Selfie potrebbe sembrare un’operazione furba con lo scopo
di inquadrare Napoli e usare due amici fraterni che si filmano tenendo il
cellulare in mano senza avere un’idea precisa circa la trama o cosa vogliano
dire e fare. Un’idea praticamente a costo zero, un low budget che cerca di
trovare elementi e documentare lo stato dei giovani napoletani che ormai
soprattutto il cinema identifica sempre più spesso con la delinquenza. Ecco a
livello antropologico forse l’aspetto più interessante del film è quello di far
vedere la bellezza di alcuni ragionamenti, dialoghi, monologhi degli attori
improvvisati e delle numerose comparse che contano diversi minorenni mettendosi
spesso in discussione e avendo ben chiaro che tutti dovranno fare una scelta .
Ne esce una descrizione mai banale, una quotidianità
fatta di gesti e azioni semplici, dove a fare da sfondo certo c’è sempre una
certa identificazione con un mondo marcio e infetto che ha messo le radici
nella regione ma che in parte viene smorzato dalle parole degli attori che
sanno benissimo cosa succede attorno a loro e come starne alla larga. Un
documentario dove filmare vuol dire scegliere da che parte stare, come girare l‘iphone
e cosa si vuol inquadrare e cosa invece no. Alessandro e Pietro vivono sempre a
stretto contatto, li vediamo mangiare un anguria, camminare per le strade,
filmare i propri parenti, ridere, scherzare, mai litigare rimanendo in un Rione
dove il caldo imperversa e dove non basta rimanere attaccati in casa davanti ad
un ventilatore.
Il film di Ferrente si piazza come un quadro neorealista,
un documentario semplice ma originale e onesto nel dare forma e parole ad una
città resa celebre solo e soltanto per i fatti di cronaca.
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