Titolo: Head hunter
Regia: Jordan Downey
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
Nel Medioevo, un guerriero che protegge il regno dai
mostri e dall’occulto, ha una raccapricciante collezione di teste. Ma per
essere completa, alla collezione ne manca una, quella del mostro che ha ucciso
sua figlia tanti anni prima. L’uomo ricorrerà alla stregoneria per raggiungere
il suo obiettivo, con conseguenze terrificanti.
Head hunter è un film coraggiosissimo che ho saputo
apprezzare e di cui sarò fan sperando prima o poi che riesca a farsi strada
come produzione indipendente low budget autoriale per un pazzo folle come
Jordan Downey e la sua festa del Ringraziamento (perché il suo amore per i
tacchini merita una menzione a parte).
Un medieval horror, un film fatto di atmosfera, di
momenti mai mostrati ma che fanno da contorno e in alcuni momenti in uno
scenario ormai costipato di creature e mostri giganti in c.g, si apprezza per
quello sforzo in più di lasciarli all’immaginazione, teste esibite come trofei
per un Predator umano che si rispetti.
Grotte, armature pesantissime, un protagonista enorme
come deve essere un pari di Conan per sconfiggere mostri che apprendiamo subito
essere giganteschi in un mondo dove i sentimenti non esistono più, dove la
voglia di vendetta diventa l’unico stimolo per andare avanti in una solitudine
disarmante.
Un film muto quasi, dove il viaggio dell’eroe è una
continua prova di sangue tra tormenti e ferite incredibili, un Gatsu che non
smette mai di voler punire e stanare le forze del male e dove tutto sembra
uscito dal peggiore degli incubi attaccandolo e lasciandolo preda dei suoi
stessi fantasmi in maniera opprimente.
La prima parte, quasi i primi due atti, sono sanciti da
un ritmo che non è mai quello che si potrebbe pensare, tutto appartiene ad una
routine fatta di rituali, tutto l'excursus magico ed eretico sull'armamentario d'alchimista. Un film di mostri senza mostri, con una cura maniacale per ogni frame e suppelletto utilizzato con un'attenta ricerca delle location e un climax finale dove per tanti finalmente verrà, a suo modo, appagata o ripagata l'attesa.
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