Titolo: I saw the devil
Regia: Jeen-woon Kim
Anno: 2010
Paese: Corea del sud
Giudizio: 4/5
Dopo aver vissuto in diretta telefonica
la morte della fidanzata per mano di un serial killer, un agente
speciale si scatena in una caccia all'assassino senza esclusione di
colpi, con l'intento di infliggergli le stesse sofferenze subite da
troppe vittime innocenti.
Credo che di film sulla vendetta, i
revenge-movie, così ispirati e con una trama così spiazzante e
niente affatto scontata siano davvero pochi, la maggior parte negli
ultimi anni e in particolar modo sud-coreani.
L'autore prolifico che sguazza tra i
generi e che ci ha regalato perle indimenticabili, arriva al suo film
più assoluto in generale, dove non esistono e non si fanno sconti,
non è tollerato quel'umorismo che in altri film potevamo
permetterci, ma forse l'unica risata è quella grottesca per scoprire
quale brutta fine toccherà a Kyeong-Cheol.
Un noir, un poliziesco, un thriller, un
horror con tante torture possiamo perfino definirlo.
Un film che mostra fino a che punto può
spingersi la rabbia umana, senza arrestare o uccidere il colpevole ma
costringendolo in una lunga spirale di sofferenza, un calvario prima
della morte.
Il regista porta agli eccessi una
coppia di personaggi così diversi ma così pronti a far emergere
tutto il loro degrado e la loro eccessiva violenza e disperazione. Un
protagonista che sembra una contraddizione unica, una trama che
seppur semplice è montata e possiede un ritmo da farlo sembrare un
meccanismo a orologeria dove ad ogni lancetta corrisponde un colpo
basso al killer di turno andando a stanarlo in ogni dove dal momento
che Su-Hyeon gli fa ingoiare una ricetrasmittente che gli permette di
localizzarlo in ogni momento. Un film che poi oltre ad avere una
storia entusiasmante ha uno stile tecnico e una regia deliziosa in
grado di restituire tutti gli aspetti del cinema di genere su cui è
profondamente radicato
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