Regia: Tim Miller
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Grace, soldato geneticamente
potenziato, viene dal futuro per salvare Dani Ramos, giovane operaia
messicana impiegata in una fabbrica automobilistica. Dal futuro per
ucciderla viene pure Rev-9, un Terminator evoluto, indistruttibile e
proteiforme. Dal passato ritorna invece Sarah Connor che caccia e
abbatte Terminator da decenni con l'aiuto di una fonte misteriosa.
Unite dal destino, lottano nel presente per proteggere il futuro capo
della resistenza contro l'Intelligenza Artificiale. Al di là del
muro e decise a sbarcare in Texas per recuperare l'unica arma che
possa fermare un Rev-9, chiedono aiuto a un vecchio amico, che
integra il team femminile e le dà ancora di santa ragione.
Terminator dopo i due capitoli che sono
storia del cinema sci-fi d'azione e che vanno considerati gli unici
memorabili, è diventato una specie di franchise, cercando soldi a
tutti i costi e facendo tre film quasi inguardabili.
Era logico che per chiudere una saga,
in tempi dove si cerca di dare dei finali meritevoli facendo morire
con stile personaggi iconici di film d'azione, la saga cercasse di
salvarsi con qualcosa che non facesse schifo come i precedenti.
Chiamato in cattedra un fanatico dell'action, si voleva concludere
continuando il discorso che sembrava chiuso con Terminator 2 ad oggi
secondo me il più bello della saga (come lo è Aliens rispetto al
primo). Parlando di film dove l'azione supera la sci-fi,
l'intrattenimento con stile è sempre stato il marchio di fabbrica.
Dark Fate è interessante anche se
altalenante, fagocita tutto e troppo facendolo a tratti in maniera
decorosa, in altri momenti invece no, quando cerca di rifugiarsi in
delle scelte di trama davvero discutibili e patetiche o dovendo
andare per forza a inserire personaggi che per forza di cose non
andavano aggiunti e che dovevano morire e basta come Cameron aveva
sentenziato alla fine del secondo capitolo.
Il film è una macchina che non si
ferma quasi mai e quando ci prova i limiti e le forzature sono
evidenti come i conti che non tornano e insisto di nuovo su alcune
scelte di script davvero tremende contando che provano, senza
riuscirci, a prendersi pure sul serio.
Dark Fate è donna, sceglie un manipolo
di eroine con target d'età diversi, intrecciando stili di vita che
sono agli opposti, dalla Connor alcolizzata e perennemente in lutto e
incazzata nera, alla durissima e davvero affascinante Grace fino
alla più monocorde di tutte, la prescelta Dani.
In 36 ore, l'arco di tempo su cui ruota
la vicenda, in cui il film procede senza concedersi pause, perchè lo
abbattono, cambia in maniera allucinata da una location all'altra
cercando la carta dell'esagerazione a tutti i costi, un road movie,
un survivor movie, dove alla fine per quanto tutto apparirà
scontato, vince la scommessa di riuscire perlomeno a non sfigurare
come gli altri tre recenti sequel. I combattimenti sono tra i momenti
migliori, d'altro canto non poteva che essere così, dove in alcuni
momenti il tasso di violenza è tremendo (quella testa strappata con
le catene e infilata nel marchingegno) lasciando ai posteri, ma
speriamo proprio di no, l'idea che probabilmente la saga continuerà
più femminile che mai cercando di abbattere alcune teorie del
passato come Skynet e rinforzando l'aspetto digitale della c.g
Tra operazione nostalgica, personaggi
rispolverati, una trama che si aggrappa ai vetri e una dimensione
ludica massiccia quanto superficiale, il sesto capitolo vale in tutto
e per tutto per quanto concerne il cinema d'intrattenimento, ma
rimane un'operazione commerciale così macchinosa che la
sceneggiatura non poteva che lasciare tutte quelle perplessità e
quelle idiozie di fondo così estremamente marcate. Una su tutte ad
esempio è quella riguardo le stramberie che riguardano il T-800 e
tutte le inutili banalità sui suoi collegamenti con Grace fino alla
battuta marmorea che rimane la ciliegina sulla torta del film “Vedi
Dani, noi del futuro mandiamo delle coordinate indietro nel tempo che
poi, per non sbagliare, mi sono fatta tatuare qui sulla pancia e se
non mi sbaglio vuol dire che l’indirizzo che stiamo cercando è
proprio questo qui”.. chi
vedrà capirà e sospendendo l'incredulità andrà avanti nella
visione senza cercare di darsi un'ipotetica spiegazione che non è
detto che ci sia o che sia mai stata pensata. D'altronde gli
sceneggiatori sapevano che tanto il film avrebbe avuto plausi e
consensi da tutte le parti. Bello e graficamente eccellente quanto
banale.
Nessun commento:
Posta un commento