Titolo: Joker
Regia: Todd Phillips
Anno: 2019
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Arthur Fleck vive con l'anziana madre
in un palazzone fatiscente e sbarca il lunario facendo pubblicità
per la strada travestito da clown, in attesa di avere il giusto
materiale per realizzare il desiderio di fare il comico. La sua vita,
però, è una tragedia: ignorato, calpestato, bullizzato, preso in
giro da da chiunque, ha sviluppato un tic nervoso che lo fa ridere a
sproposito incontrollabilmente, rendendolo inquietante e allontanando
ulteriormente da lui ogni possibile relazione sociale. Ma un giorno
Arthur non ce la fa più e reagisce violentemente, pistola alla mano.
Mentre la polizia di Gotham City dà la caccia al clown killer, la
popolazione lo elegge a eroe metropolitano, simbolo della rivolta
degli oppressi contro l'arroganza dei ricchi.
Joker è un bel film ma non è affatto
un capolavoro (d'altronde non doveva e non poteva esserlo).
Il film sulla bocca di tutti che ha
vinto a Venezia che ha creato eventi mediatici, attentati nei cinema,
la nuova maschera di Halloween per un pubblico mai così omologato,
ha dal canto suo ancora una volta una bella interpretazione del
Figlio di Dio, quel Joe in fondo già visto qualche anno fa in grado
di sapersi portare sulle spalle e con poche ma convincenti
espressioni un intero film.
Il merito di questo intenso comics è
che deraglia completamente dai soliti stilemi, rifugge tanta azione,
costumi, combattimenti. E'la parabola sull'ascesa di un povero pazzo
e della sua lenta agonia, del rapporto complesso con la madre, della
paranoia che si insinua nei suoi sempre più dibattuti pensieri, e
tante altre cose ancora. Senza esagerazioni, senza troppe complessità
e voli pindarici, senza inseguire per forza complotti o quanto
esperti, critici abbiano provato a tirar fuori dal cilindro o dovendo
individuare a tutti i costi nella pellicola.
Joker è molto più semplice del
previsto, lascia quello strano senso di dèja vu per quanto concerne
l'ambientazione, la scenografia, le location, l'uso di importanti
mezzi e anche se così non è stato (Scorsese come produttore) lascia
in più momenti alcuni aloni del suo cinema.
In fondo la critica degli sceneggiatori
è molto funzionale quanto necessaria e in fondo la solita, ovvero la
lotta di classe, i ricchi che diventano sempre più ricchi e i poveri
sempre più poveri.
Così tra tagli a reparti psichiatrici,
sciopero della nettezza urbana, caos che imperversa e immondizia
praticamente ovunque, Arthur come risposta tira fuori una delle
risate malate più contagiose e drammatiche del cinema, una vittima
solitaria di un mondo che si sbarazza dei rifiuti abbandonandoli a
loro stessi, alla loro miseria e ad una vita che non potrà che
essere un sogno andato a male.
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