Titolo: Training Day
Regia: Antoine Fuqua
Anno: 2001
Paese: Usa
Giudizio: 3/5
Jake Hoyt è un giovane poliziotto,
idealista e di belle speranze, che è stato appena assegnato alla
sezione narcotici del dipartimento di polizia di Los Angeles. Animato
dal fuoco sacro della giustizia, Jake ha un solo giorno per
dimostrare di avere la stoffa per quel lavoro. A giudicarlo è il
sergente Alonzo Harris, veterano della sezione antidroga, che lavora
da tredici anni nei quartieri più caldi della città, violente
centrali di spaccio, animate da energumeni sudamericani a suon di rap
e proiettili. Il problema è che la pratica con i criminali ha reso
la pelle di Alonzo fin troppo dura. Muovendosi costantemente in
bilico tra legalità e corruzione, il sergente trasforma il giorno di
addestramento dell'ingenua recluta in un cinico e crudele gioco
all'ultimo sangue. Dove solo i più forti vincono.
Il poliziesco, il buddy movie o buddy
cops, è stato da sempre un genere molto saccheggiato nel cinema.
Negli Usa in particolare dove sparare senza un preciso motivo è
sempre stato motivo di dibattiti, il cinema dalla sua ha cercato di
assorbirne i difetti sottolineando peculiarità ma anche disordini,
giri di denaro, in almeno due parole: corruzione e razzismo.
Training Day nasce e cresce proprio per
questo raccontando la storiella del poliziotto bianco che decide di
diventare poliziotto per proteggere la comunità e si troverà a
lavorare con l'anziano collega di colore che invece dopo anni ha
cambiato intenti e segue le regole del profitto e del proprio
tornaconto.
Girato con una grande capacità di
renderlo attuale nelle scene d'azione, i meriti artistici e tecnici
del regista superano decisamente quelli di scrittura con alcuni sotto
passaggi lacunosi o incredibilmente macchinosi e telefonati.
L'addestramento e la strada come
palestra, i codici criminali, le bustarelle e le maniere forti sono
codici come riti d'iniziazione che in un modo o nell'altro sono
destinati ad entrare nella vita personale di ogni agente sancendo una
propria auto determinata morale, oppure accettando di rimanere
intrappolati in un sistema dove si sceglie di diventare gregari del
gruppo.
Una ventiquattro ore adrenalinica e
violenta questa è la log line che il regista americano insegue e da
cui viene travolto, mostrando ancora una volta i poliziotti più
marci e corrotti dei delinquenti, e dove fare la cosa giusta ha
spesso i contorni di un’azione sbagliata.
Nella visione manichea tra agenti buoni
e cattivi, vittime e carnefici, tra bianchi e neri, a dettar legge,
rimangono comunque gli intramontabili joint di Spike Lee
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