Regia: Paola Randi
Anno: 2017
Paese: Italia
Giudizio: 3/5
C'è un professore napoletano nel
deserto del Nevada che spende la vita ad ascoltare il suono dello
Spazio alla ricerca di una voce. La voce cara della consorte morta
diversi anni prima. Scienziato mesto a un passo dall'Area 51, segue
un progetto, o almeno dovrebbe, per conto del governo degli Stati
Uniti. Il suo torpore esistenziale è interrotto quotidianamente da
Stella, giovane wedding planner per turisti che credono
ancora agli alieni. Un pacco postale e una registrazione video gli
annunciano un giorno l'arrivo di Anita e Tito, preziosa eredità del
fratello morto a Napoli. Introverso e laconico, il professore si
attrezza, letteralmente, per accogliere i nipoti. Anita ha sedici
anni e sogna un tuffo in piscina con Lady Gaga, Tito ne ha sette e
desidera sopra a ogni cosa parlare ancora col suo papà. Sorgenti
formidabili di nuova energia, Anita e Tito riavvieranno il programma
e il cuore dello zio.
Qualcuno ricorda Leggenda
di Kaspar Hauser il cult
italiano di Davide Manuli praticamente sconosciuto al genere umano.
Ecco non saprei spiegare il motivo ma il terzo film della Randi per
il suo essere totalmente slegato da tutto e artisticamente molto
alternativo ha qualche piccolo aspetto in comune.
Location desertica e abbandonata, un
cast tenuto in piedi da Mastrandrea e una storia abbastanza originale
e di sicuro atipica.
Sembra quasi un'opera filosofica dove
la speranza diventa il centro nevralgico del film.
Un'attesa nella fattispecie in cui ogni
maledetto giorno potrebbe/dovrebbe arrivare o giungere un segnale
dall'universo che dona il senso della durata del lutto. Ascoltare
ogni notte in laboratorio la stessa traccia registrata sulla
segreteria telefonica e misurare la forza della fissazione mortale.
Dalla solitudine iniziale del suo
protagonista, il professore, che sembra l'unico ormai a credere in
quell'assurdo progetto subisce ormai ai limiti della stanchezza e
delle sopportazione l'arrivo di qualcosa che andrà a modificare la
sua vita, le abitudini e gli agenti esterni con cui interagisce.
Un film che dalla metafora della
ricerca degli alieni parla di sofferenza e solitudine e cerca in modo
a volte ironico uno scontro generazionale tra chi ormai è abituato
alla rinuncia e alla perdita e invece i giovani d'oggi che nella loro
fretta e curiosità riescono a creare quel conflitto che può portare
ad un cambiamento.
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