Titolo: Soldado
Regia: Stefano Sollima
Anno: 2018
Paese: Usa
Giudizio: 4/5
Sempre meno redditizio, il traffico di
droga viene convertito dai cartelli in traffico di essere umani.
Lungo il confine messicano e in mezzo ai clandestini si insinuano
terroristi islamici che minacciano la sicurezza degli Stati Uniti. Un
attentato-suicida in un supermercato texano provoca una reazione
forte del governo americano che incarica l'agente Matt Graver di
seminare illegalmente il caos ristabilendo una parvenza di giustizia.
Graver fa appello ancora una volta ad Alejandro, battitore libero
guidato da una vendetta che incontra vantaggiosamente le ragioni di
Stato. Alejandro, che se ne infischia della legalità, rapisce la
figlia di un potente barone della droga prima di diventare oggetto di
una partita di caccia orchestrata dalla polizia messicana corrotta e
da differenti gruppi criminali desiderosi di mettere le mani
sull'infante. Diventata un rischio potenziale, bisogna liberarsene.
Ma davanti a una scelta infame, Alejandro rimette in discussione
tutto quello per cui si batte e tutto quello che lo consuma da anni.
Senza voler fare una comparazione a
tutti i costi, ho trovato il film di Sollima leggermente superiore
alla costruzione di Villeneuve, regista che stimo tantissimo ma che
secondo me trova il suo meglio in altri generi.
Sollima dirige qualcosa di potente e
maestoso, senza farsi prendere dal panico trovandosi di fronte ad una
monumentale macchina produttiva come quella americana e con due
attoroni ormai inarrivabili come Del Toro e Brolin (che fino a prova
contraria è uno degli attori ritrovati del momento)
Un film che si divide come sempre in
tre atti ma che racconta due storie diverse dove la prima mostra
l'intelligence delle forze speciali e di come la lotta al
narcotraffico fra Stati Uniti e Messico si è inasprita, dall'altra
una storia umana di gente che cerca di attraversare il confine, di
sopravvivere, di una relazione tra un sicario e una bambina, un
rapimento, e un finale che spero dia conferma che deve rimanere
Sollima a dirigere il terzo capitolo.
Un film di uno spessore e di una
violenza impressionante da tutte le parti attraverso cui noi la
guardiamo. Che siano i bambini, gli adolescenti, gli adulti, gli
agenti del governo, lo stesso presidente, tutto sembra nichilismo
puro e caos dove la parola d'ordine è uccidere senza regole e senza
remore. Un crocevia di morte, che richiama soprattutto nella seconda
storia il western, dove l'essere umano è la vera merce di scambio e
dove ormai anche trattare è diventato quasi inutile, la giustizia e
la vendetta sono invece i soli strumenti a fare da padroni (vedi
Graver dopo quello che succede a Alejandro).
Un film bomba geometricamente che non
fa una piega, con scene d'azione esaltanti e minimali, scenari
pirotecnici che si aprono e sembrano farti catapultare da un bus
pieno di messicani, al deserto più sanguinario di sempre e spazi
angusti dove avviene il peggio.
Un film disperatamente cinico e
drammatico che non regala e non vuole esaltare nulla, ma chiude tutte
le porte massacrandole sul nascere, senza dare modo di redimersi a
meno che non contiamo la deliziosa scena finale che apre le porte per
un sequel che spero tanto di poter vedere.
Nessun commento:
Posta un commento