Titolo: Inferno(1980)
Regia: Dario Argento
Anno: 1980
Paese: Italia
Giudizio: 4/5
Una ragazza di New York scopre che la
casa dove abita è sede di una delle tre Madri degli inferi (le altre
due si trovano in altre case rispettivamente a Roma e a Friburgo). La
poverina muore orribilmente, ma fa in tempo ad avvertire il fratello
che riuscirà a sventare l'orribile minaccia
Lasciando il giallo da parte e sposando
il thriller horror Argento dopo Suspiria
(1977) continua a seguire
il filone della trilogia delle Tre Madri, in cui si sarebbe narrato
della triade di streghe tesa a governare il mondo: Mater Suspiriorum,
Mater Tenebrarum e Mater Lacrimarum.
Lo fa con il suo secondo film proprio
sul filone paranormale prima del disastro finale ovvero il terzo
capitolo che non ha caso coincide con il periodo finale della
filmografia di Argento quella più disgraziata e per alcuni aspetti
dove manca proprio il genio del regista romano. Per anni ho sperato
che la terza fase, la TERZA MADRE, potesse completare la grande opera
argentiana con una nuova apoteosi e di fatto Inferno apriva e nello
stesso tempo chiudeva il ciclo essendo un capitolo auto-concluso e
auto-esplicativo, bastava a se stesso.
C'è una nuova formula non solo
narrativa che non sempre convince soprattutto nella continuità di
una trama quasi assente, per investire tutto invece sugli elementi
estetici, di un modo di girare e studiare l'inquadratura che diventa
manifesto per un epoca in cui l'horror era già pienamente sdoganato
diventando il manifesto programmatico di una estetica della violenza
senza necessità di raccontare una storia, di abbandono al
virtuosismo puro senza trama musicale, si sente la mancanza dei
Goblin ma il lavoro di Keith Emerson è molto più sperimentale
Come già in Suspiria
(1977), ma in modo molto
più accentuato, sono le singole scene, simili a quadri a se stanti,
a essere piccoli capolavori.
Più ancora che in Suspiria (1977) però i colori dominano cambiando di scena in scena.
Più ancora che in Suspiria (1977) però i colori dominano cambiando di scena in scena.
Per ogni azione corrisponde un colore
specifico, e questo ha lo strano effetto di accentuare la paura.
Espediente questo già usato da Mario
Bava nei suoi primi capolavori.
Il secondo capitolo della trilogia delle Tre Madri riesce a essere più violento e più splatter di tutti i precedenti film e in alcuni casi tale violenza è gratuita, e non segue un filo molto logico.
Il secondo capitolo della trilogia delle Tre Madri riesce a essere più violento e più splatter di tutti i precedenti film e in alcuni casi tale violenza è gratuita, e non segue un filo molto logico.
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