giovedì 19 luglio 2018

Loveless


Titolo: Loveless
Regia: Kathryn Bigalow
Anno: 1981
Paese: Usa
Giudizio: 4/5

Vance è un giovane biker che ha dato appuntamento ai suoi amici (quasi tutti ladri di automezzi) per mettere a punto le moto prima di raggiungere la Florida dove si tengono le annuali gare. Il luogo dell'incontro è una cittadina in cui, mentre gli altri si dedicano alle messe a punto, Vance incontra una ragazzina, Debbie. La giovane gli racconta del padre violento che l'ha deturpata (e violentata) e ha spinto la madre al suicidio. Mentre i due sono a letto in un motel il genitore arriva e porta via con sé Debbie. L'uomo vuole sterminare i bikers e li raggiunge nel bar in cui si radunano. Debbie non resterà a guardare

L'esordio della Bigelow lascia già ben sperare sul successo di questa importante regista.
Un film lento e minimale che mette a fuoco la bellezza androgina e il talento già collaudato di Willem Dafoe in una prova attoriale quasi spaventosa per quanto si afferma in quanto leader del gruppo dei bikers e maschera importante per il cinema d'autore e commerciale.
Come in EASY RIDER del '69, i bikers sono sempre stati antipatici, visti come belli e maledetti, antagonisti dell'ordine e della disciplina e in quanto tali da cercare di punire semplicemente perchè diversi.
Questo tema di fatto costituisce l'anima di un film che seppur bellissimo e con una fotografia che riesce a dare anima e risalto ad ogni ambiente e primo piano, risente un po a livello di scrittura con una storia che come dicevo, fatica a ingranare prendendosi tutto il suo tempo per farci vedere lo sguardo e l'indole granitica di Vance o scoprire da chi è abitata la cittadina dove i bikers fanno la loro sosta.
Con un finale delirante che ricorda tanto Lynch e tanta altra roba, lasciando davvero di stucco dopo la calma e lo stile narrativo costituito di quadri, il finale impazza come non fa durante tutto il film con un'azione che in poche scene porta a sconvolgimenti importanti e soprattutto ad un climax come quello della drammatica storia di Debbie che si fa fatica a scrollarsi di dosso.
Quella fotografata è un'America fifties decadente, abitata da angeli ribelli che paiono usciti da tanti film e uno stile che almeno in questa prima opera sviluppa e concentra un'attenzione quasi maniacale per dettagli e colori e una costruzione ricercata dell'inquadratura in cui le immagini contano più dei dialoghi

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