Titolo: Harpya
Regia: Raoul Servais
Anno: 1979
Paese: Belgio
Giudizio: 5/5
Un baffuto uomo sta camminando lungo
una strada buia, quando sente le grida di una donna strangolata in
una fontana. L'uomo mette fuori combattimento il suo assalitore, solo
per scoprire che lei è in realtà un'arpia , un uccello bianco
alato, più grande di un'aquila, con la testa e il seno (calvi) di
una donna. Affascinato, l'uomo porta la bestia a casa sua per
ripararla e nutrirla. Presto scopre l'insaziabile appetito di Arpia.
L'Arpia mangia tutto il suo cibo, poi mangia il suo pappagallo e
inizia a guardare il suo ospite con uno sguardo sinistro. Una notte,
quando l'uomo tenta di fuggire, l'Arpia lo travolge e mangia le sue
gambe.
Ci troviamo di fronte ad un capolavoro
assoluto. Un cortometraggio girato da un Servais dimenticato dal
cinema che riesce a infondere in quest'importantissimo lavoro
atmosfere di un horror cupo con un tono grottesco ma al contempo
umoristico e scanzonato.
Bellissima l'atmosfera da incubo
bislacco che Servais riesce a creare calando gli attori in
scenografie disegnate e lugubramente colorate. Il finale è
ampiamente prevedibile, ma l'insieme del corto è davvero ammirevole
non solo per il tocco pittorico ma anche per l'ottimo soundtrack, la
recitazione, la messa in scena e l'atmosfera che grazie a degli
sfondi straordinari riesce sempre a fare effetto.
L'Arpia poi è una creatura con viso
di donna, ma con il mostruoso corpo di un uccello. Un viso che pare
dolce, ma soltanto a chi - perché s'inganna - non percepisce la
freddezza del suo sguardo, il gelo della sua inespressività,
l'abisso vorace dei suoi occhi vuoti e scuri. L'Arpia è una metafora
del rapporto psicologico "Infermiere-Malato", in virtù del
quale alcune persone buone, ma deboli, danno tutto il proprio animo
per soccorrere amanti o amici sbagliati, che non guariranno né
cambieranno mai, dai quali anzi verranno trascinati nello stesso
baratro.
Incubi (arpie maschi) o Succubi (arpie femmine), che, obbedendo ad una propria natura ferina che nulla ha di umano, spremono l'anima delle persone che hanno accanto, insensibili ed incuranti del danno che arrecano. "Vampiri energetici", come vengono chiamati al giorno d'oggi.
L'Arpia odia la vita, averla vicino porta a vivere con paura e con disgusto. L'Arpia è affamata e divora impunemente ogni cosa: il pover'uomo del cortometraggio non potrà più mangiare, nemmeno di nascosto, perché la creatura lo scoverà e divorerà il suo cibo con la voracità di una bestia affamata (fantastici i primi piani dell'Arpia che mangia con foga).
L'Arpia gli divorerà persino le gambe, per impedirgli di fuggire. Ma, soprattutto, per renderlo simile a lei: un mostro appollaiato sul proprio trespolo, la cui vita si riduce a fissare in eterno la propria mostruosa compagna.
Incubi (arpie maschi) o Succubi (arpie femmine), che, obbedendo ad una propria natura ferina che nulla ha di umano, spremono l'anima delle persone che hanno accanto, insensibili ed incuranti del danno che arrecano. "Vampiri energetici", come vengono chiamati al giorno d'oggi.
L'Arpia odia la vita, averla vicino porta a vivere con paura e con disgusto. L'Arpia è affamata e divora impunemente ogni cosa: il pover'uomo del cortometraggio non potrà più mangiare, nemmeno di nascosto, perché la creatura lo scoverà e divorerà il suo cibo con la voracità di una bestia affamata (fantastici i primi piani dell'Arpia che mangia con foga).
L'Arpia gli divorerà persino le gambe, per impedirgli di fuggire. Ma, soprattutto, per renderlo simile a lei: un mostro appollaiato sul proprio trespolo, la cui vita si riduce a fissare in eterno la propria mostruosa compagna.
Nessun commento:
Posta un commento