Titolo: Chispa de la Vida
Regia: Alex De La Iglesia
Anno: 2011
Paese: Spagna
Giudizio: 3/5
Roberto non lavora da ormai qualche
anno e la crisi economica comincia a farsi sentire. Nonostante una
famiglia e una moglie amorevole, il suo senso d'insoddisfazione
arriva al culmine quando anche l'amico di vecchia data (assieme al
quale aveva partorito il fortunato slogan per una campagna
pubblicitaria) rifiuta di dargli un impiego. Depresso torna sui
luoghi della luna di miele dove ora sorge un museo che viene
inaugurato proprio in quel momento. Un incidente lo fa cadere su una
grata di ferro e uno spuntone di metallo gli si conficca nel cranio,
ma non lo uccide. In un limbo tra la vita e la morte (che potrebbe
arrivare in qualsiasi momento e per qualsiasi movimento) Roberto
diventa l'attrazione mediatica per antonomasia, pronto a morire in
diretta ma soprattutto a sfruttare più che può a proprio vantaggio
(economico) tutto l'accaduto.
Il sedicesimo film dell'outsider
spagnolo seppur con una spanna in meno rispetto agli ultimi suoi film
è ancora una volta la conferma e la dimostrazione di un talento che
ha preferito fare il suo cinema senza farsi ingabbiare dalle major.
Senza stare a presentare l'autore che
non ha bisogno di presentazioni, ci troviamo di fronte all'ennesimo
dramma grottesco anche se più convenzionale rispetto al suo cinema
tradizionale che porta alle estreme conseguenze la tragedia per
sfruttarla a dovere con uno schema corale funzionale e un buon ritmo.
A differenza però degli ultimi film,
la scintilla della vita è molto ancorato sulla realtà in
particolare sui media e gli effetti perversi che generano e le loro
conseguenze inattese. Dunque una nuova vittima sacrificale post
contemporanea dove la dignità passa per la vendita del proprio corpo
ai media e dove un povero padre di famiglia disoccupato diventa la
vittima perfetta per un manipolo di carnefici ognuno pronto a portare
acqua al suo mulino, dal direttore del museo, ai giornalisti
cannibali, al losco individuo che cerca nuovi talenti da mostrare in
tv, etc.
Il tutto come sempre con un ritmo
eccezionale, alcuni momenti macchinosi ci sono ma funzionali contando
che il regista anche in questo caso per riuscire a fare il suo film
ha limitato di molto i costi con un'unica location per quasi tutto il
film. Una riflessione divertita sui compromessi ai quali ci obbliga
l'attuale crisi economica,quella spagnola poi particolarmente
segnata, e soprattutto sui meccanismi che mettono in moto gli eventi
mediatici costruiti su quei fatti di cronaca che di tanto in tanto
catalizzano l'attenzione del pubblico televisivo e che sembrano non
sconvolgerci più.
Roberto deve superare un vero e proprio
calvario dove il chiodo e la croce nonchè le statue dei santi sono
tutte simbologie che portano alla parabola finale del film.
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