Titolo: They
Regia: Anahita Ghazvinizadeh
Anno: 2017
Paese: Usa
Festival: 35° Torino Film Festival
Giudizio: 3/5
J. è un adolescente che non sa
decidersi riguardo alla propria identità sessuale e, per questo,
prende degli ormoni che ritardano la pubertà, sperando di trovare
una risposta nel mentre. Una telefonata del medico che lo/a segue,
però, segnala la necessità di interrompere la cura, per via di un
valore delle ossa che può farsi pericoloso: a J. non restano che un
paio di giorni per decidere di sé. Intanto i genitori sono fuori
casa e con lui/lei (in famiglia si è scelto di adottare un neutrale
"loro") c'è la sorella maggiore, di passaggio con il suo
futuro marito.
Il primo lungometraggio della regista
iraniana ha diversi elementi di interesse parlando di identità di
genere raccontando una storia piuttosto complessa.
La prima riflessione è sicuramente
legata ad aver trattato una tematica che negli ultimi anni sta
uscendo sempre di più, superando ormai quei tabù che fino a qualche
anno fa avevano una certa timidezzae paura del pregiudizio per
parlare di tematiche così nuove e "scomode".
Senza mai di fatto mostrare il problema
reale in sè, la regista non fa dell'identità di genere una
questione sociale ma solo e soltanto una scelta personale, intima,
privata monitorandola dall'esterno in uno schema corale abbastanza
riuscito ( e parlo ovviamente della sorella maggiore e il compagno
iraniano). Un film lento e suggestivo, con tanti colori e fiori che
sembrano alternare le giornate di J. nella serra, giornate assorte
nei suoi pensieri, sicura, matura e decisa a portare avanti la sua
causa senza mai scoraggiarsi. Funzionale l'attrice che comunica la
sua scelta e allo stesso tempo risulta così strana e incomunicabile
esprimendo tutto con uno sguardo.
L'unico punto se vogliamo debole è la
delicatezza che va a pari passo con una regia minimale e patinata,
una scelta che rallenta il ritmo del film in più parti lasciando ai
gesti e agli sguardi le risposte alle tante e complesse domande di
chi gravita attorno alla protagonista.
Lasciando diversi personaggi
silenziosi, taciturni, i dialoghi cercano comunque di ironizzare
almeno quando passiamo nelle scene con la sorella e il compagno che
sembrano tra gli unici in grado di ironizzare ed empatizzare con la
scelta di J.
Interessante l'ambiente sociale, i pari
della ragazzina, che leggono positivamentente l'obbiettivo della
loro compagna senza nessun pregiudizio ma anzi avendone pieno
rispetto, questo come a lasciar intendere che spesso i ragazzini sono
neutrali senza aver ancora l'ombra di quei pregiudizi trasmessi dagli
adulti.
La sceneggiatura ad un certo punto non
è più narrativa ma mostra vetrine diverse dove predomina
soprattutto nel secondo atto la coralità della gente in transito dei
parenti, tra identità e appartenenze culturali diverse.
Un film che posa molti aspetti
personali della regista assieme ad un tema forte e un viaggio di
formazione di una protagonista giovane e concentratissima.
Forse l'elemento più confuso al di là
degli obbiettivi dei co-protagonisti può essere legato alle scelte
etiche che portano una dodicenne ad assumenere farmaci che ne
impediscono la maturazione sessuale e il film in questo risparmia
un'analisi accurata per lasciare invece spazio alla mimica e alle
espressioni di stupore e rammarico di J.
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